Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio 2024

La storia della filosofia ricorda come primi filosofi gli esponenti della cosiddetta scuola di Mileto. Si tratta di tre autori originari di Mileto, una città sulla costa ionica dell’Asia minore: Talete, Anassimandro e Anassimene. La tradizione vuole che formassero una scuola filosofica, ma gli studiosi tendono oggi a ridimensionare questa informazione. I tre erano infatti accomunati dai medesimi interessi filosofici riguardanti l’origine della natura (e per questo sono anche conosciuti come fisiologi o naturalisti ionici). Tuttavia, ognuno di loro arrivò a conclusioni differenti.

Mileto e la scuola di filosofia

I primissimi autori della filosofia greca vissero in una zona periferica ma allo stesso tempo particolarmente importante nel mondo greco. Mileto sorgeva sulle coste sud-occidentali dell’attuale Turchia, in una terra in cui si parlava il dialetto ionico. Da qui deriva il nome di filosofi della scuola ionica.

La città, per la sua posizione, era all’epoca un importante centro di scambi commerciali tra l’Oriente e l’Occidente. Come spesso accade, il commercio favorì però anche gli scambi culturali. In particolare si creò un confronto critico con le cosmogonie di Mesopotamia, Fenicia ed Egitto.

Talete, fondatore della scuola di filosofia di Mileto

La storia della filosofia inizia con Talete, che viene ricordato come il primo filosofo. Ben poco però sappiamo della sua vita e del suo pensiero: gran parte delle informazioni ci provengono da Aristotele. Visse tra il VII e VI secolo a.C. e si interessò di diversi argomenti, tra cui la geometria e l’astronomia. Non lasciò nessuna opera scritta, ma affidò i suoi insegnamenti all’oralità.

Fu Aristotele a indicare Talete come l’iniziatore dell’indagine sull’origine di tutte le cose, e quindi come il primo filosofo. E fu sempre lo stagirita a riportare, nel libro I della Metafisica, la sua famosa teoria secondo cui l’arché sarebbe l’acqua, intesa come elemento umido. Talete inoltre immaginava la terra come un disco piatto che galleggiava sull’acqua. A lui viene poi attribuita la frase secondo cui «tutto è pieno di dèi», cioè ogni elemento della natura è animato.

Si è molto discusso sulle origini di questa dottrina, e alcuni studiosi vi hanno intravisto l’influsso di dottrine orientali. Aristotele ipotizza che Talete sia arrivato a questa conclusione osservando che l’acqua è indispensabile per la vita e che tutto ciò che muore perde umidità e si dissecca. Proprio qui risiede la novità che porta alla nascita della filosofia. Talete infatti è il primo a usare un metodo filosofico. Partendo dalla domanda su “qual è l’origine di tutte le cose”, cerca di individuarlo in un elemento materiale, e lo individua dopo avere osservato il ruolo che questo elemento ha nella realtà.

Anassimandro

Il secondo dei filosofi della scuola ionica fu Anassimandro, che visse una quarantina di anni dopo Talete. Anche di lui conosciamo ben poco. La distanza temporale che lo separa da Talete induce a mettere in dubbio la notizia secondo cui i due filosofi sarebbero legati da un rapporto maestro-allievo.

Anassimandro individuò l’arché in un principio chiamato àpeiron (ἄπειρον), traducibile in italiano con «infinito» o «indefinito». Aveva probabilmente intuito che non era possibile ricondurre tutte le cose a un elemento materiale, come aveva fatto Talete con l’acqua. Da qui giunse a un principio senza limiti, da cui tutte le cose discendono. Nel suo commentario alla Fisica aristotelica, Simplicio riporta un frammento tratto dalla sua opera (che è anche il più antico testo filosofico giunto fino a noi):

principio degli esseri è l’infinito… da dove infatti gli esseri hanno l’origine, ivi hanno anche la distruzione secondo necessita: poiché essi pagano l’uno all’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo.

Anassimandro, fr. 12 B 1 DK

Secondo ulteriori testimonianze, per Anassimandro il cosmo si formò quando il nucleo generatore del caldo e del freddo si separò dall’àpeiron. Le cose, che sono estremamente varie e diverse tra di loro, potevano scaturire solo da un principio senza limiti e indefinito, cioè l’àpeiron. Ma se le cose provengono dall’àpeiron, significa che questo principio è separato dalla natura. L’arché si trova al di là delle cose e si configura come un elemento astratto, fuori dal tempo.

C’è però dell’altro. Il frammento delinea un ciclo di generazione e morte, che caratterizza tutto il cosmo. Ogni elemento si separa dall’àpeiron, ma così facendo entra in conflitto con altri elementi. La temporanea prevalenza di un elemento sull’altro provoca mutamenti come l’alternarsi del dì e della notte, lo scorrere delle stagioni e così via. Si crea così un equilibrio dinamico custodito dall’àpeiron, che per Anassimandro circondava tutto il mondo.

Anassimene

Di poco successivo ad Anassimandro fu Anassimene, che secondo la tradizione fu suo allievo. Le fonti dicono che individuò l’arché nell’aria, cioè l’elemento gassoso. Può sembrare un passo indietro rispetto alla teoria dell’àpeiron. In realtà, in questo modo riuscì a mediare tra le teorie di Talete e di Anassimandro. Come Talete individuò l’origine della realtà in un elemento indispensabile per la vita (in greco la parola psyché, anima, significa anche «soffio»). L’aria tuttavia ha alcune caratteristiche in comune con l’àpeiron di Anassimandro. È infatti particolarmente mobile e quindi più soggetta alla trasformazione, e nella dottrina di Anassimene circonda e anima tutto il cosmo.

È probabile che il filosofo avesse osservato i cambiamenti di stato della materia, constatando che in determinate condizioni un corpo può passare dallo stato gassoso a quello liquido a quello solido. Secondo Anassimene, l’aria condensandosi dà origine alle sostanze liquide e poi a quelle solide. Viceversa, tramite la rarefazione, l’aria diventa fuoco. In questo modo, la sua teoria poteva spiegare l’origine della realtà attraverso delle trasformazioni meccaniche e spaziali.

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