Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

La letteratura italiana del Novecento fu segnata dalle profonde trasformazioni sociali, economiche e culturali che caratterizzarono la storia del nostro paese. Ripercorriamone le tappe principali.

La letteratura italiana nell’epoca delle avanguardie

I primi anni del Novecento, quelli che precedettero la prima guerra mondiale, furono per certi versi contraddittori. Da un lato infatti vi furono profondi conflitti sociali, dall’altro però si verificarono dei miglioramenti nelle condizioni di vita di larghe fette della società. L’obbligo scolastico portò a una maggiore diffusione della cultura rispetto ai secoli precedenti e alla diminuzione dell’analfabetismo. Se la vita politica del Paese è segnata dalla figura di Giovanni Giolitti, in letteratura continuano a essere dei punti di riferimento Carducci, Pascoli e D’Annunzio.

Da più parti si fecero sentire però, tra gli intellettuali, nuove esigenze di rinnovamento. È l’età delle avanguardie, movimenti artistici che nascono dalla collaborazione tra artisti, che si incontrano per scrivere programmi poetici condivisi. Le avanguardie, promosse soprattutto dalle giovani generazioni, danno voce a esigenze di rottura con la tradizione precedente, sia nelle forme sia nei temi. Tra queste, in Italia la più importante fu il futurismo.

A dar voce alle esigenze di rinnovamento nacquero molte riviste culturali. Tra queste, le più famose furono «La Voce» di Prezzolini, la rivista «L’Unità» Gaetano Salvemini, «Lacerba» di Papini e Soffici, e «La Critica», fondata da Benedetto Croce.

Ma la poesia italiana del Primo Novecento non si esaurisce con le avanguardie. I crepuscolari, in polemica con la poetica dannunziana, cercano un linguaggio che non falsifichi la realtà e affrontano temi dimessi e quotidiani. Altri importanti voci di questo periodo sono Saba, Ungaretti, Campana, Rebora e Sbarbaro. Nella narrativa gli autori più significativi furono invece Pirandello (nel 1905 pubblica Il fu Mattia Pascal) e Svevo.

Letteratura italiana del Novecento tra le due guerre

La prima guerra mondiale rappresenta uno spartiacque per la storia europea: mentre in Russia i bolscevichi instaurano un regime comunista, in molti paesi tra gli anni venti e trenta prendono il potere delle dittature fasciste. In Italia gli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale sono irrimediabilmente segnati dal fascismo. Il regime esercitava una censura preventiva su tutte le opere pubblicate, reprimendo e inviando al confino gli oppositori politici. D’altra parte, non mancarono intellettuali che collaborarono con il fascismo e con i suoi progetti culturali.

Tra scrittori e artisti si diffuse un senso di estraneità rispetto alla realtà. I poeti dell’ermetismo, la maggiore corrente poetica italiana degli anni trenta, si rifugiarono in una lirica pura, dal carattere chiuso e volutamente complesso. Nello sviluppo dell’esperienza ermetica ebbero un ruolo centrale Ungaretti (che negli anni venti pubblicò le poesie dell’Allegria) ed Eugenio Montale (autore di Ossi di seppia, 1925).

Anche in questi anni ebbero un ruolo di primo piano le riviste culturali. Tra queste, la più importante fu «Solaria», rivista fiorentina fondata da Alberto Carocci nel 1926, sulle cui pagine comparvero i primi testi poetici dell’ermetismo.

Nella narrativa i punti di riferimento rimasero D’Annunzio, Pirandello, Svevo. Si sviluppò un filone di narrativa fantastica, che ha i suoi principali rappresentanti in Alberto Savinio (che fu anche pittore surrealista), Dino Buzzati, Tommaso Landolfi. Negli anni trenta vengono pubblicati anche i romanzi di Carlo Emilio Gadda, che con il suo sperimentalismo influenzò la letteratura del dopoguerra, e quelli di Massimo Bontempelli, con il suo realismo magico.

Un nuovo realismo e una nuova lirica

Fin dagli anni trenta nacque, nella letteratura italiana del Novecento, una nuova esigenza di realismo. Ne sono esempi romanzi come Gente in Aspromonte (1930) di Corrado Alvaro, Fontamara (1934) di Ignazio Silone e Gli indifferenti (1929) di Alberto Moravia. Nel secondo dopoguerra, la nascita del neorealismo risponde a diverse esigenze: raccontare la lotta partigiana e le realtà sociali più umili, distaccarsi dalle esperienze culturali dell’epoca fascista, orientarsi a un maggiore impegno degli intellettuali in politica. Attorno al neorealismo gravitarono autori che poi presero strade molto diverse, come Pavese, Vittorini, Moravia, Pratolini, Brancati, Carlo Levi, Primo Levi, Fenoglio e Calvino e altri.

Negli stessi anni vi furono però esperienze letterarie al di fuori del neorealismo, estremamente varie e difficilmente riconducibili a una linea comune. In ordine sparso, si possono citare autori come Mario Tobino, Carlo Cassola, Ennio Flaiano, Giorgio Bassani, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Goffredo Parise, Paolo Volponi, Leonardo Sciascia, Lucio Mastronardi, Luciano Bianciardi, Giuseppe Berto, Piero Chiara, Guido Morselli, Mario Soldati. Per la prima volta, inoltre, si affaccia sulla scena letteraria un alto numero di scrittrici (Morante, Ginzburg, Ortese, Romano e altre), segno di una profonda mutazione della società.

Anche per quanto riguarda la lirica c’è il superamento delle forme poetiche novecentesche, e in particolare dell’ermetismo. Tra i maggiori poeti del secondo dopoguerra ci furono Luzi, Sereni, Betocchi, Bertolucci, Penna, Caproni, Giudici. La poesia, vista come strumento di conoscenza della realtà, diventò più discorsiva, attingendo anche ad elementi tipici del parlato. Nel dopoguerra, infatti, anche la lirica si rivolse a un pubblico sempre più ampio.

Sperimentazione e neoavanguardia nella letteratura italiana del Novecento

Il neorealismo si esaurì nel corso degli anni cinquanta, lasciando il posto a nuove esperienze letterarie nel segno della sperimentazione. Ancora una volta il dibattito culturale si sviluppò grazie a riviste, sulle quali gli intellettuali di sinistra davano voce alla loro insoddisfazione per la situazione politica italiana e per i risultati del neorealimo. Particolarmente importante fu «Officina», che annoverava tra i suoi collaboratori Pasolini, Leonetti, Roversi e Fortini. «Il Menabò», fondato da Vittorini e Calvino, portò avanti una ricerca di nuove forme di letteratura. Più orientata alla filosofia e all’estetica contemporanea è invece «Il Verri», fondato e diretto da Luciano Anceschi.

Sono anni di sperimentazioni letterarie e formali, come quelle di Testori, Meneghello e D’Arrigo. Nel 1963 l’esigenza di una rottura con la poesia più recente animò la nascita del Gruppo 63, il principale movimento di neoavanguardia. Oltre alla sperimentazione linguistica, la poetica del gruppo si opponeva alla mercificazione del lavoro intellettuale e sosteneva l’abbandono della letteratura impegnata neorealista. Tra i molti autori del Gruppo 63 si possono ricordare Pagliarani, Sanguineti, Manganelli, Arbasino, Eco, Giuliani, Balestrini, Malerba, Vassalli.

Il postmoderno e la letteratura italiana contemporanea

A partire dagli anni ottanta si diffuse in Occidente un nuovo concetto per descrivere la realtà contemporanea: il postmoderno. In una società globalizzata i punti di riferimento assoluti cadono. Al loro posto c’è una complessa rete di relazioni internazionali (economiche, politiche, sociali) che lega tra loro stati diversi. In letteratura questa situazione economica e sociale si traduce nella consapevolezza che i grandi sistemi del passano hanno perso significato. Le opere postmoderne riprendono con ironia modelli del passato, mescolando cultura alta e cultura bassa. Nella letteratura postmoderna italiana i romanzi più importanti sono Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) di Calvino e Il nome della rosa (1980) di Eco.

La letteratura italiana contemporanea ha risentito dei grandi cambiamenti politici, sociali ed economici che hanno interessato l’Europa e l’Italia a partire dagli anni Novanta. Il crollo del muro di Berlino, la caduta dell’URSS e la fine della guerra fredda hanno cancellato il bipolarismo tra blocco orientale e blocco occidentale. In Italia l’inchiesta Mani pulite ha generato un terremoto politico, con la scomparsa dei partiti che avevano governato il paese fino ad allora. La letteratura ha risentito di una situazione internazionale particolarmente complessa, e il rapporto tra autore e pubblico è sempre più stretto. Non è possibile indicare delle linee di sviluppo definite per la letteratura italiana contemporanea. Da un lato c’è un ritorno al realismo, dall’altro si affermano generi come l’autofiction, in cui si mescolano autobiografia e invenzione.

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