Andronico di Rodi, con la sua edizione delle opere di Aristotele, è stato il protagonista della riscoperta del pensiero peripatetico in età imperiale. Durante l’Ellenismo, il Liceo aveva infatti conosciuto una fase di declino. Con il ritrovamento delle opere acroamatiche, i filosofi si dedicarono alla loro interpretazione, componendo commentari e parafrasi. Ma non mancarono anche autori di trattati originali, come nel caso di Alessandro di Afrodisia.

Il destino delle opere acroamatiche di Aristotele

La riscoperta delle opere di Aristotele ha rappresentato una svolta nella storia del pensiero occidentale. La storia della loro scomparsa e del loro ritrovamento è però piuttosto complessa. Qui, per motivi di sintesi, la riassumeremo per punti.

  • Teofrasto lasciò scritto nel suo testamento che, dopo la sua morte, gli spazi del Liceo sarebbero rimasti alla comunità degli allievi, mentre la biblioteca di Aristotele sarebbe andata a Neleo di Scepsi (III secolo a.C.) e dei suoi discendenti. La biblioteca comprendeva le opere acroamatiche del maestro, i suoi libri personali e molte opere dello stesso Teofrasto.
  • È probabile che Teofrasto volesse in questo modo indicare Neleo come suo successore. La carica però, come sappiamo, andò a Stratone. Si ipotizza quindi che ne sia nato un dissidio tra Stratone Neleo, il quale trasferì l’intera biblioteca in Asia Minore. Il Liceo perdeva quindi le opere del suo fondatore.
  • Dopo Neleo i suoi discendenti, poco interessati alla filosofia, nascosero i testi in una cantina. Volevano così evitare che venissero requisiti dai re Attalidi e portati nella biblioteca di Pergamo.
  • Tra il II e il I secolo a.C., Apellicone di Teo riuscì a ricomprare i volumi e a riportarli ad Atene. Fu lo stesso Appellicone a curare una prima, approssimativa pubblicazione delle opere di Aristotele.
  • Dopo che Silla ebbe conquistato Atene, la biblioteca di Aristotele passò a Roma, dove le opere del filosofo furono trascritte dal grammatico Tirannione.

Dopo Tirannione, i testi arrivano ad Andronico di Rodi.

Andronico di Rodi e l’edizione delle opere di Aristotele

Ad Andronico di Rodi (Rodi, 100 a.C. circa – dopo il 20 a.C.) si deve l’edizione delle opere di Aristotele e Teofrasto. In particolare, riordinò le opere acroamatiche in base al loro contenuto, impostando la suddivisione che conosciamo ancora oggi. Oltre a ciò, compose commentari agli scritti aristotelici e, stando ad alcune fonti, ricostituì il Liceo, di cui fu probabilmente anche scolarca. Nello specifico, Andronico si interessò soprattutto di psicologia. Considerò l’anima come un rapporto numerico che unisce gli elementi del corpo, e giunse ad affermare che essa non è la causa ma la conseguenza di questa unione di elementi. Scrisse una propria interpretazione delle Categorie.

Nonostante il lavoro di Andronico, ci furono, ancora nel I secolo a.C., peripatetici che non lessero le opere di Aristotele. Stasea di Napoli, Aristone di Alessandria e Cratippo di Pergamo, per esempio, continuarono a dibattere sui temi già affrontati dal Liceo nel III e II secolo. Altri invece tentarono di coniugare lo stoicismo con le dottrine aristoteliche emerse dagli scritti acroamatici.

Allievo e successore di Andronico fu Boeto di Sidone, che diede un’interpretazione naturalistica dei Aristotele, che poneva la fisica come base per lo studio della filosofia. A lui si deve anche un Commentario alle Categorie, in cui interpretò la sostanza come materia e composto, e tentò di ricavare da Aristotele la dottrina dell’oikeiosis, base dell’etica stoica. Senarco di Selecia, invece, ruppe con Aristotele e negò l’esistenza dell’etere e del soprasensibile, compreso il Motore Immobile.

Dopo Andronico di Rodi: peripatetici tra I e II secolo d.C.

Fino al III secolo d.C. i peripatetici proseguirono con la scrittura di commentari ad Aristotele. Tra i più importanti autori vi furono Alessandro di Ege, Aspasio, Adrasto di Afrodisia, Sosigene, Ermino, Aristocle di Messene e Aristotele di Mitilene. Di pari passo con il successo delle opere acroamatiche, persero importanza quelle essoteriche, molte delle quali finirono dimenticate.

D’altra parte, dal II secolo d.C. in poi, molti peripatetici (come Aristocle di Messenee e Aspasio) subirono l’influenza del medioplatonismo. Allo stesso tempo, si tentò di incorporare testi aristoteliche nella filosofia platonica (come nel caso del Didascalico di Alcinoo). Non mancarono anche autori che si opposero all’incontro tra medioplatonismo e aristotelismo: tra questi vi furono Nicostrato e Attico.

Alessandro di Afrodisia

Alessandro di Afrodisia, vissuto tra II e III secolo d.C., occupa un posto di primo piano tra i peripatetici di età imperiale. Fu anche l’ultimo commentatore di Aristotele prima dell’avvento del neoplatonismo. Alessandro probabilmente insegnò filosofia ad Atene tra il 198 e il 211 e scrisse commentari su Analitici primi (libro I), sui Topici, sulla Metafisica (libri I-V), sui Meteorologica e sul De sensu. Fu anche autore di svariate opere teoretiche, come il De anima, le Quaestiones, il De fato e il De mixtione.

La sua importanza fu centrale: attraverso la lettura delle sue opere avvenne infatti l’assimilazione dell’aristotelismo imperiale nel neoplatonismo. I suoi commentari si caratterizzavano per la loro minuziosa analisi dei testi, che miravano a dimostrare come la filosofia aristotelica possiede una propria coerenza interna. Le sue analisi offrirono ai neoplatonici gli strumenti per scoprire e incorporare nel loro sistema filosofico le dottrine dello Stagirita.

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