Corpus Hermeticum è il titolo di una delle più celebri raccolte di trattati mistico-religiosi. Insieme agli Oracoli caldaici è un’importante testimonianza della produzione letteraria di età imperiale, che mescolava elementi religiosi ed esoterici con influenze provenienti dal medioplatonismo e dal neopitagorismo. La loro influenza supererà i secoli: i trattati ermetici furono un punto di riferimento per alchimisti ed esoteristi.

Il Corpus Hermeticum e i testi della tradizione ermetica

Ermete Trismegisto, tra religione e filosofia

Lunga è la lista delle opere prodotte dalla tradizione ermetica. A Ermete Trismegisto (Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος) si attribuiscono infatti vari scritti di argomento misterico, molti dei quali risalenti al II-III secolo d.C. (ma forse alcuni sono del III secolo a.C.). È una letteratura che sostiene di risalire alla sapienza egizia e in particolare a Toth, dio della sapienza e della magia, inventore della scrittura e delle scienze. In seguito, con l’Ellenismo, Toth fu identificato con il greco Ermes/Ermete, il messaggero degli dèi. Gli fu inoltre aggiunto l’appellativo di Trismegisto, «tre volte grande», per sottolinearne la grandezza.

Gli autori, firmando le loro opere con il nome di Ermete Trismegisto, volevano presentarle come rivelazioni divine, insegnamenti donati agli uomini dal dio Ermete. Per questo motivo, quella dei trattati ermetici è una sapienza esoterica, che non ricorre a spiegazioni e argomenti razionali. Piuttosto, è un tipo di sapienza che si comunica solo a chi ha ricevuto un’iniziazione misterica.

I trattati ermetici ebbero particolare fortuna nella storia dell’Occidente. Padri della Chiesa come Tertulliano e Lattanzio li ammirarono per i loro contenuti teologici e morali, e immaginarono che Ermete Trismegisto fosse un antico profeta pagano, contemporaneo di Mosè e precursore di Cristo. I testi ermetici continuarono così a essere letti nel Medioevo e nel Rinascimento, ispirando maghi, filosofi e alchimisti. Solo nel XVIII secolo si appurò che i trattati non erano riconducibili né a un unico autore né a una setta religiosa ben definita. Nel Novecento poi rinacque l’interesse per la tradizione ermetica, vista come importante espressione della filosofia e della religiosità di età imperiale. Oggi agli studiosi è chiaro che il principale riferimento filosofico non era l’antica sapienza egizia, bensì il neopitagorismo e il medioplatonismo.

Le opere di Ermete Trismegisto

Come si diceva, alla tradizione ermetica si devono molte opere, alcune delle quali scoperte in anni recenti. È possibile suddividerle in due due gruppi:

  1. il primo è più antico e risalente forse al III secolo a.C.;
  2. il secondo, di epoca imperiale, affronta questioni filosofiche, teologiche e mistico-religiose. Di questo gruppo ci sono giunti:
    • il Corpus hermeticum, il più conosciuto, una raccolta di diciassette trattati (logoi, “discorsi”);
    • l’Asclepiius, un trattato in 41 capitoli, di cui possediamo solo la traduzione latina dell’originale, perduto, in greco;
    • alcune testimonianze rintracciabili negli scritti dei padri della Chiesa (come Origene, Tertulliano, Lattanzio, Clemente Alessandrino, Agostino);
    • alcuni libri che vengono citati nelle opere di Giovanni Strobeo (letterato bizantino del IV secolo).

Il Corpus Hermeticum: struttura e contenuto

Il Corpus hermeticum è il più conosciuto testo della tradizione ermetica. Per l’esattezza si compone di diciassette trattati, scritti da diversi autori in momenti differenti. Di questi, il più importante è il Pimander (Ποιμάνδρης), il testo che apre la raccolta, nonché il più lungo e quello con la struttura più organica.

Nella tradizione ermetica, Dio è il Bene e la causa di tutto, ed è separato dal mondo materiale. È posto al di sopra di tutto, completamente diverso da tutto cioè che è, e quindi è ineffabile. Tra Dio e il mondo materiale ci sono degli intermediari, elencati nel Pimander in questo ordine:

  1. Dio, intelletto supremo e somma luce, in grado di generare da sé (è infatti di natura maschile e femminile);
  2. il Logos, primogenito di Dio;
  3. il l’intelletto demiurgico, che discende da Dio mediante il Logos ed è inferiore al Logos pur condividendone la stessa sostanza; il Logos e l’intelletto demiurgico, insieme, crearono il cosmo, composto da sette sfere celesti, nell’ultima delle quali, quella sublunare, si trovano gli elementi naturali e gli animali privi di ragione;
  4. l’uomo essenziale (incorporeo), terzogenito di Dio, gli è simile in quanto «immagine di Dio»;
  5. l’uomo materiale, che deriva dall’uomo essenziale disceso nella natura.

Il mondo materiale, in cui vive l’uomo terreno, è caratterizzato dal male. L’uomo, che è nato dalla caduta dell’uomo essenziale, ha in sé una parte divina e immortale (l’intelletto) e per questo domina la terra. Nonostante ciò, a causa del corpo è soggetto al destino di morte che aspetta gli animali. Per salvarsi deve liberarsi dalla materia. Ciò è possibile attraverso la conoscenza di Dio, che si ottiene attraverso la preghiera e l’illuminazione. Quando i sensi e la ragione vengono meno si può conoscere Dio, in un’unione estatica. L’uomo deve perciò riconoscere che la sua vera natura è nell’intelletto: così riconosce il divino in lui e quindi riconosce Dio stesso.

Gli Oracoli caldaici

L’autore e la composizione

Gli Oracoli caldaici (καλδαικὰ λόγια) sono un’opera in esametri di cui ci sono giunti vari frammenti. La tradizione indica come suoi autori Giuliano il Teurgo oppure suo padre, Giuliano il Caldeo, entrambi vissuti durante la dinastia antonina (II secolo d.C.). Gli argomenti sono affini a quelli del Corpus Hermeticum. Tuttavia, invece che ai culti egizi, gli Oracoli si ricollegano alla sapienza babilonese e all’eliolatria caldaica (il culto del sole e del fuoco). Anche in questo caso, comunque, siamo di fronte a testi di marcata ispirazione medioplatonica e neopitagorica.

L’autore afferma di avere raccolto le rivelazioni di un dio, probabilmente ricevute mentre si trovava in stato di trance e poi messe per iscritto. La divinità in questione doveva poi essere Ecate, che nel tardo antico era considerata la dea della magia. Altra particolarità è che Giuliano praticava la teurgia (θεουργία), che consisteva in una serie di pratiche magiche che avrebbero permesso di liberare l’anima dalla materia e raggiungere Dio. La teurgia riscontrerà l’interesse dei neoplatonici: Giamblico e Proclo, per esempio, scrissero commentari agli Oracoli caldaici.

Contenuto degli Oracoli caldaici

Gli Oracoli caldaici, come molti testi antichi, ci sono giunti in forma frammentaria e in alcuni passaggi è quindi complesso ricostruirne il contenuto. Il testo descrive una gerarchia con al vertice il Padre (inteso, forse, come il Primo Intelletto), il cui pensiero sono le idee platoniche. Vi è poi un secondo intelletto, che ha creato il mondo che svolge due funzioni: contenere le idee (gli intellegibili) e introdurre nel mondo la sensazione. Come terza viene infine l’anima, forse identificabile con Ecate. Le anime degli uomini discendono attraverso i cieli e arrivano sulla terra, rivestendosi di un sottile strato di materia prima di entrare nei corpi.

L’autore introduce inoltre il concetto di «triade», che però è di difficile interpretazione. Il Padre viene definito sia come Bene sia come Monade, mentre l’intelletto secondo è una Diade (perché svolge due funzioni). Si dice però anche che Dio è una «monade triadica», cioè è uno e trino, perché tre sono le sue facoltà: è Padre, è Potenza ed è Intelletto. Ciò che è chiaro, invece, è che non è possibile conoscere il Dio triadico attraverso la ragione filosofica. Si può arrivare alla sua conoscenza solo attraverso un’unione mistica, liberando anima e intelletto dai pensieri che li legano al mondo sensibile.

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