Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio 2024

Giovanni Boccaccio è ricordato per le sue opere in prosa e in poesia, ma soprattutto per il Decameron, che influenzò altre opere della letteratura europea. Ma Boccaccio fu anche autore di opere in latino e fu tra i primi estimatori della Commedia dantesca.

La vita

La giovinezza a Napoli

Poche sono le notizie attendibili sulla vita di Boccaccio: non si conoscono né il luogo né la data di nascita esatta. Sappiamo che era figlio di Boccaccio di Chellino, era un agente dei Bardi, una potente famiglia di banchieri fiorentini. Secondo studi recenti era un figlio illegittimo e nacque, probabilmente, nel giugno-luglio 1313 a Firenze oppure a Certaldo. Riconosciuto dal padre, trascorse l’infanzia a Firenze, dove maturò la sua passione per la poesia di Dante. Negli anni 1325-1328 fu a Napoli, dove fu commesso al banco dei Bardi. Fece così esperienze sia nel ceto mercantile, sia nella corte angioina.

Agli trenta risale anche l’esordio letterario. Le prime opere di Boccaccio risentono delle suggestioni provenienti dalla corte angioina. In particolare, si appassionò alla cultura latina, alla letteratura cortese proveniente dalla Francia, all’erudizione storica. Compose La caccia di Diana (forse 1334) e il Filostrato (forse 1335), e probabilmente iniziò la sua storia d’amore con Fiammetta, la donna che fu protagonista delle opere di Boccaccio precedenti al Decameron.

Il periodo a Firenze

La crisi dei Bardi costrinse Boccaccio a tornare a Firenze, dove visse ristrettezze economiche. Furono gli anni in cui compose la Comedia delle ninfe, l’Amorosa visione, l’Elegia di Madonna Fiammetta e il Ninfale fiesolano. La peste di Firenze del 1348 uccise il padre e la matrigna, e ispirò il Decameron, che completò nel 1351. Contemporaneamente, Boccaccio svolse anche incarichi pubblichi. Fu ambasciatore presso i signori di Romagna e dovette consegnare dieci fiorini d’oro a suor Beatrice, figlia di Dante, come parziale risarcimento per i danni subiti dalla sua famiglia. In seguito fu camerlengo del comune e inviato a Napoli per trattare l’acquisizione di Prato. Fu anche ambasciatore in Tirolo (1351-1352), incaricato di trattare un’alleanza con Ludovico di Baviera contro i Visconti di Milano.

Proseguirono le missioni diplomatiche. Membro dell’ufficio «della condotta» (1355-1365), fu ambasciatore ad Avignone presso papa Innocenzo VI (1354) e poi di nuovo presso Urbano V (1365). Allo stesso papa porse anche gli omaggi dei fiorentini per il suo rientro a Roma. Furono però anche anni segnati dagli strascichi della crisi economica dovuta al crollo del banco dei Bardi. Con l’aiuto di Niccolò Acciaiuoli, membro di una potente famiglia d’affari fiorentina, tentò di risolvere i suoi problemi. Tuttavia i due viaggi a Napoli (1355 e 1362) che compì si rivelarono inutili.

Gli ultimi anni

Agli anni cinquanta risale anche l’amicizia con il più anziano Petrarca, che Boccaccio considera alla stregua di un maestro. L’amicizia sopravvisse anche quando Petrarca accettò l’invito dei Visconti di Milano, nemici di Firenze. L’influenza del poeta portò Boccaccio a riflettere sul suo ruolo di letterato. Abbandonata l’idea che la letteratura sia un diletto, scrisse opere in latino destinate a un pubblico dotto. A questo bisogna aggiungere un rivolgimento spirituale: influenzato dall’amico, Boccaccio si avvicinò al cristianesimo e prese gli ordini minori. Diventato chierico, gli fu assegnata una cura d’anime.

Dal 1360 in poi Boccaccio, insieme a Petrarca, era uno dei riferimenti culturali per gli intellettuali dell’epoca e la sua casa era meta di visitatori. Nel 1370 tentò un’ultima volta di tornare a Napoli, ma senza riuscire a risolvere i suoi annosi problemi. Ormai stanco e malato, lavorò a una revisione del Decameron. Scrisse inoltre Genealogia Deorum gentilium, la sua maggiore opera in latino. L’ultimo suo lavoro importante fu un ciclo di letture, con commento, della Commedia dantesca, su invito del comune di Firenze. Morì a Certaldo il 21 dicembre 1375.

Opere di Giovanni Boccaccio

Opere di Boccaccio del periodo napoletano

Giovanni Boccaccio scrisse le prime opere nel periodo compreso tra il 1333 e il 1346, durante il suo soggiorno napoletano. A questo periodo risalgono:

  • Caccia di Diana (1334-1338), un poemetto di 18 canti in terzine che celebra in chiave mitologica alcune gentildonne napoletane;
  • Filostrato (1335), poema in ottave sulla storia d’amore tra Troilo, figlio del re di Troia Priamo, e la principessa greca Criseida;
  • Filocolo (1336-38), romanzo in prosa, riprende un tema proveniente dalla tradizione cortese e risalente al XII secolo, quello della storia d’amore tra Florio, figlio di un re saraceno, e Biancifiore, una schiava cristiana abbandonata da bambina.
  • Teseida (1339-1341), poema epico in ottave, racconta le gesta di Teseo nella guerra contro Tebe e le amazzoni. È il primo poema epico in volgare.

Oltre a questi bisogna ricordare le Rime, la cui composizione avviene in anni diversi.

Opere di Boccaccio del periodo fiorentino

Tornato a Firenze nel 1340-41, Boccaccio riadattò i modi della letteratura cortese, ai quali si è formato, alla realtà borghese in cui visse. A questo periodo risalgono varie opere:

  • la Comedia delle ninfe fiorentine o Ninfale d’Ameto (1341-1342), una narrazione in prosa;
  • l’Amorosa visione (1342-1343), poema in terzine che descrive una visione onirica dell’autore;
  • l’Elegia di Madonna Fiammetta (1343-1344), un romanzo in prosa;
  • il Ninfale fiesolano (1344-1346), un poemetto sulle origini di Fiesole e Firenze

L’opera più importante e celebre di questa fase è però il Decameron, a cui il poeta inizia a lavorare subito dopo la peste di Firenze del 1348 e che completa nel 1351. È una raccolta di cento novelle in cornice: dieci novelle per dieci giorni, narrate da dieci giovani rifugiati a Fiesole per sfuggire alla peste di Firenze. L’opera è considerata una delle più importanti delle letteratura italiana e fornirà, per lingua e stile, un modello agli autori successivi.

Opere di Boccaccio dell’ultima fase

Influenzato da Petrarca, negli ultimi decenni della sua vita Boccaccio scrisse opere in latino, studi eruditi rivolti a un pubblico colto. Tra queste opere ci sono molte epistole e le Bucolicum carmen (1367), sedici ecloghe pastorali ispirate a Petrarca. L’opera più importante è però di carattere di mitologico: e claris mulieribus (1362). L’opera principale di questi anni è però De genealogiis deorum gentilium.

Negli stessi anni, Boccaccio si dedicò allo studio della Commedia di Dante: a lui infatti va il merito di avere aggiunto la parola Divina al titolo. Al poeta fiorentino sono dedicate varie lettere dell’epistolario con Petrarca. Si possono poi ricordare le Esposizioni sopra la “Commedia” (1373-1374) e il Trattatello in laude di Dante.

Ultima opera in volgare è il Corbaccio, un breve scritto in prosa con un’invettiva contro le donne. È un’opera satirica che sembra ribaltare l’ideologia del giovane Boccaccio. Deluso da un amore non corrisposto, il poeta sogna di giungere in una selva. Qui trova gli uomini troppo deboli per resistere alle donne, che sono stati trasformati in orribili animali. Incontra anche il defunto marito della donna che lo ha respinto, che lo invita a evitare le donne e innalzare lo spirito. Uno stravolgimento di punto di vista se si pensa al Decameron, e che si spiega forse con i turbamenti religiosi dell’anziano poeta.

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