Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio 2024

La vita di Dante Alighieri si districò tra l’attività politica nella sua città e la difficile situazione dell’esilio, che lo portò a viaggiare per le corti italiane.

Vita

Le origini

Poco sappiamo sui primi anni della vita di Dante Alighieri. Figlio di Alighiero di Bellincione e di donna Bella, nacque a Firenze tra maggio e giugno del 1265. La famiglia apparteneva alla piccola nobiltà cittadina di parte guelfa. Dante, che fu forse allievo di Brunetto Latini, iniziò presto a comporre poesie influenzate dalla lirica provenzale. Sappiamo inoltre che, durante l’adolescenza, dovette sposare Gemma Donati, figlia di una ricca famiglia fiorentina, da cui ebbe vari figli. Negli stessi anni, però, si colloca l’inizio dell’amore per Beatrice, che morì nel 1290 lasciando il poeta sgomento, segnando anche una cesura nella sua produzione. Intanto, nel 1289 Dante partecipò alla battaglia di Campaldino e assistette alla resa del castello di Caprona.

Dante Alighieri e la vita politica

La vita politica di Dante Alighieri iniziò nel 1295. Poiché la legge prevedeva che l’accesso alle cariche pubbliche fosse subordinato all’iscrizione a un’arte, Dante entrò nell’Arte dei Medici e degli Speziali e sedette al Consiglio del Comune. Nel 1300 però il fronte dei guelfi si divise tra i neri (capeggiati da Corso Donati e dalla sua famiglia) e i bianchi (guidati dalla famiglia dei Cerchi). I primi erano favorevoli alle politiche di papa Bonifacio VIII e alla trasformazione di Firenze in una signoria. Dante però parteggiò per i bianchi, che volevano conservare le libertà cittadine. Membro dei priori, massima magistratura di Firenze, dal giugno all’agosto 1300, appoggiò l’esilio dei capi dei due partiti, compreso il poeta Cavalcanti.

Mentre era impegnato in un’ambasceria presso Bonifacio VIII a Roma, i neri presero il potere con l’appoggio del legato pontificio Carlo di Valois. Nel gennaio 1302 Dante, sulla via del ritorno, fu condannato in contumacia con l’accusa di baratteria (corruzione nell’esercizio delle cariche pubbliche) e due mesi più tardi la pena si trasformò in pena capitale.

La vita di Dante Alighieri durante l’esilio

Non potendo tornare a Firenze, Dante dovette scegliere la via dell’esilio. Inizialmente tentò, insieme ad altri fuoriusciti, di rientrare a Firenze, ma dopo la sconfitta nella battaglia di Lastra del 1305 abbandonò il gruppo. Iniziò così una lunga peregrinazione tra le corti italiane. Fu a Verona da Bartolomeo della Scala, quindi nel nel 1306 si spostò in Lunigiana, presso i Malaspina. La condizione di cortigiano rappresentava però un’umiliazione per Dante, formatosi come libero intellettuale cittadino. Con l’elezione a imperatore di Arrigo VII di Lussemburgo nel 1308, il poeta penso che fosse possibile ripristinare l’autorità imperiale in Italia. Per questo motivo, scrisse varie lettere per sostenere l’impresa del sovrano, ma le speranze si spensero con la morte improvvisa di Arrigo VII nel 1313. Due anni più tardi rifiutò l’amnistia offerta da Firenze, rifiutandosi di dichiararsi pubblicamente colpevole.

Tornato a Verona presso Cangrande della Scala, si spostò poi a Ravenna (forse dal 1318), ospite di Guido Da Polenta. In questo periodo Dante lavorò alla Commedia. Negli stessi anni crebbe nelle corti italiane la sua fama di intellettuale e letterato. Nel 1320, di nuovo a Verona, scrisse la sua Quaestio de aqua et terra, una conferenza in latino su temi cosmologici. Nel 1321 partecipò a un’ambasceria a Venezia, dove si ammalò di malaria. Tornato a Ravenna, morì nella notte tra il 14 e il 15 settembre.

Opere

La Vita nuova

La Vita nuova di Dante è un prosimetro, cioè un’opera scritta in poesia e prosa. Raccoglie poesie giovanili raccolte dopo la morte di Beatrice, tra il 1291 e il 1296. È un lungo romanzo in prosa che ripercorre le fasi dell’amore per Beatrice, intervallati da sonetti e canzoni, secondo il modello delle rezos provenzali. Il libro è suddivisibile in tre parti: nella prima si descrivono gli effetti dell’amore sull’innamorato, la seconda è dedicata alla lode di Beatrice e il terzo alla sua morte.

Le Rime

Nelle Rime sono raccolti componimenti scritti dal giovane Dante. Il poeta prende come modelli la lirica d’amore di Guittone, ma poi si orienta verso lo stilnovo di Cavalcanti. Ma nelle poesie successive alla morte di Beatrice, il suo stile si fa più sperimentale. Nell’ultima fase si dedica a un nuovo amore, quello per la filosofia. Grossomodo sono riconoscibili tre gruppi nelle Rime:

  • le rime giovanili,
  • le rime “petrose”,
  • le rime “sottili” e “magnanime”.

Il Convivio

Il Convivio, composto tra il 1304 e il 1307, quindi durante l’esilio, è un’opera dottrinale, frutto della passione del poeta per la filosofia. Dante commenta alcune canzoni di argomento allegorico-dottrinale. Dei quindici trattati previsti in origine, il poeta ne compose solo quattro:

  1. un testo introduttivo,
  2. un trattato sull’ordinamento dell’universo (commento alla canzone Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete),
  3. un trattato sulla la filosofia in rapporto con Dio (Amor che ne la mente mi ragiona)
  4. e un trattato sulla questione della vera nobiltà (Le dolci rime d’amor ch’i’ solia).

Dante sperava con il Convivio di ottenere fama, componendo un’opera di alto livello culturale ma scritta in volgare italiano. Si rivolse quindi a un pubblico più vasto, appartenente all’aristocrazia, ma non in grado di leggere il latino.

Il De vulgari eloquentia

A tematiche linguiste Dante dedica il De vulgari eloquentia, considerata una delle opere che ha aperto la questione della lingua. Dei quattro capitoli previsti ci sono giunti solo il primo e parte del secondo. L’opera è scritta in latino ed è una trattazione sulle origini del linguaggio a partire dalla torre di Babele e la frammentazione delle lingue. Dante inoltre contrappone la gramatica latina alle tre lingue romanze: la lingua d’oc, la lingua d’oïl e la lingua del sì.

In particolare, l’opera è famosa perché nel primo libro definisce le caratteristiche che deve avere la nuova lingua letteraria d’Italia, che deve nascere dalla rielaborazione del volgare. In particolare deve essere:

  • illustre, perché nobilita chi la parla;
  • cardinale, perché è il cardine attorno a cui ruotano gli altri dialetti;
  • aulica, perché se l’Italia diventasse un regno sarebbe parlata nella reggia (aula);
  • curiale, perché deve essere una lingua elegante, tale cioè da potere essere usata nelle corti eccellentissime.

Il secondo libro, invece, parla degli argomenti per i quali si deve utilizzare il volgare “tragico”, e cioè le armi, l’amore e la virtù.

Il De monarchia

Il De monarchia invece affronta tematiche politiche. In particolare, Dante sostiene la necessità di avere un impero universale per garantire la pace e di conciliare impero e papato, i due grandi poteri dell’epoca. L’opera fu scritta dopo il 1310 e risente delle speranze di rinnovamento che l’autore nutriva nei confronti dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, speranze destinate a essere deluse.

La Divina Commedia

La principale opera di Dante è però la Divina Commedia. Composta fra il 1304 e il 1321 e suddivisa in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) racconta il viaggio di Dante attraverso i tre regni dell’Aldilà. Si tratta di una delle opere più rappresentative della sensibilità medievale, ma anche una riflessione sulla vita del poeta e sulla realtà storica in cui viveva. Per un approfondimento si veda una prossima scheda.

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