La letteratura italiana del barocco, un periodo spesso bistrattato, esalta l’ingegno e l’inventiva e si pone come scopo quello di generare la meraviglia nel lettore.

La poesia nella letteratura italiana del barocco

Lirica

Nella poesia barocca, il concettismo rappresenta la corrente più importante. Nella letteratura italiana del barocco, una corrente analoga è il marinismo, che ha il suo principale rappresentante in Giovan Battista Marino. Nel corso del XVII secolo, tuttavia, il marinismo entrò in crisi. Si fece così strada un’altra corrente, quella del classicismo. Mentre per Marino i classici erano una fonte da cui trarre modelli da imitare, per i classicisti i classici erano un modello di gusto. La poesia doveva quindi sottostare a principi di ordine superiore, basandosi sulla moderazione nella scelta degli accostamenti metaforici. In ogni caso, sia il marinismo sia il classicismo ponevano il piacere come fine ultimo della poesia.

Il classicismo, alla fine del Seicento, pose le basi per il rinnovamento della lirica italiana, operato dall’Accademia dell’Arcadia. Si afferma così una nuova poesia, caratterizzata dall’armonia e dalla razionalità, che segnerà la lirica italiana del Settecento.

Il poema narrativo

Durante il Seicento continua a essere un riferimento la Gerusalemme liberata di Tasso. Il modello tassiano, tuttavia, conosce una progressiva decadenza. I due poemi più importanti della letteratura italiana del barocco sono l’Adone (1630) di Giovan Battista Marino e La secchia rapita (1622) di Alessandro Tassoni. Entrambi mostrano una certa distanza dai poemi cavallereschi del Cinquecento, sia per l’organizzazione interna sia per i temi trattati.

La prosa nella letteratura italiana del barocco

Mentre la poesia barocca cerca la meraviglia attraverso forme preziose, la prosa si concentra invece su aspetti più legati alla vita concreta. I generi più diffusi sono la prosa politica e storiografia. Anche il romanzo in prosa inizia a conoscere una certa fortuna, sul modello del Gargantua e Pantagruel (1532) del francese François Rabelais e del Don Chisciotte (1605-1615) dello spagnolo Miguel de Cervantes.

Prosa politica

Nella prosa politica del Seicento, un punto di riferimento è il trattato Della ragion di stato (1589) del gesuita Giovanni Botero. L’opera, in dieci volumi, contrasta il machiavellismo e sostiene la subalternità della politica alla religione. Alla base vi è quindi l’idea che il principe sia soggetto al magistero della Chiesa. Il trattato è così al centro di un dibattito che riguarda le esigenze della religione e quelle della ragion di stato.

Nel dibattito si inserisce Ludovico Zuccolo, che nel saggio Della ragion di stato (1624), definisce la politica come la tecnica che serve a trovare i mezzi necessari a mantenere una repubblica. A seconda che persegua uno stato giusto o la tirannide, la ragion di stato sarà quindi giusta o malvagia. Alla lezione di Tacito si rifa invece Traiano Boccalini nei Commentari sopra Cornelio Tacito (1669), secondo cui la politica è uno strumento per difendere il potere.

Originale è la scelta di Torquato Accetto, che nel trattato Della dissimulazione onesta (1641) si rifugia nella dissimulazione come arma contro l’oppressione.

Storiografia

La storiografia del Seicento discende dalla trattatistica politica del Cinquecento. In particolare subisce l’influenza degli scritti di Machiavelli e Guicciardini. Tra le opere più importanti del periodo c’è l’Historia delle guerre civili in Francia (1638) di Arrigo Caterino Davila, in cui si analizzano le cause delle guerre di religione.

Un altro filone è legato alle opere di storiografica religiosa, spesso opera di gesuiti. Tra queste si devono citare l’Historia del Concilio di Trento (1644) del cardinale Pietro Sforza Pallavicino e la Istoria della Compagnia di Gesù (1650-1673) di Daniello Bartoli.

Prosa narrativa

Il Seicento vede la nascita e la diffusione del romanzo moderno in prosa. Questo avviene soprattutto nei primi decenni del secolo, grazie ad alcuni editori che dovevano far fronte alla crescente richiesta da parte di lettori. Per questo motivo, spesso si trattava di opere scritte in tempi stretti. Il tema più fruttato era quello amoroso e il pubblico era vasto e variegato. Vi confluivano elementi provenienti dal romanzo ellenistico, dal poema cavalleresco e dalla novellistica del Cinquecento.

Una grande novità del romanzo moderno è la sua affermazione come genere letterario internazionale. I primi esempi infatti si trovano in Francia e Spagna: si tratta del Gargantua e Pantagruel di François Rabelais e del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Ma molta importanza ha avuto il romanzo picaresco spagnolo, che nasce dallo sviluppo di temi cavallereschi.

Nella letteratura italiana del barocco il romanzo fiorisce tra gli anni Venti e Settanta del Seicento, grazie ad autori come Giovanni Ambrogio Marini (Calloandro fedele, 1640-41), Girolamo Brusoni (La gondola a tre remi, 1657; Il carrozzino alla moda, 1658; La peota smarrita, 1662), Francesco Fulvio Frugoni (Il cane di Diogene, 1689).

Nessuna novità particolare ci fu invece nella novellistica. A questo secolo risalgono però opere importanti come le Novelle amorose dei signori accademici Incogniti (1651), che raccoglie 100 novelle di 46 autori diversi. Tra le altre opere si possono ricordare La lucerna (1625) di Francesco Pona, e soprattutto Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, che raccoglie cinquanta fiabe popolari napoletane. Un esempio di letteratura popolare sono invece Le sottilissime astuzie di Bertoldo (1606) e Le piacevoli e ridicolose semplicità di Bertoldino di Giulio Cesare Croce, fabbro e cantastorie.

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