Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio 2024

La vita di Socrate, conclusasi con il processo e la condanna a morte, ha rappresentato un modello di vita filosofica. Vissuto durante l’età dell’oro della polis ateniese, fu contemporaneo dei sofisti e di presocratici come Filolao e Democrito. La ricerca della verità attraverso il dialogo, l’atteggiamento critico, il rispetto delle leggi sono tra gli insegnamenti che Socrate ha dato alla tradizione occidentale. Il suo pensiero, che si concentra sull’etica e sulla centralità dell’uomo, si può considerare un punto di svolta nella storia della filosofia.

La questione socratica

Un riassunto del pensiero di Socrate deve necessariamente partire dalla cosiddetta questione socratica. Socrate in vita non scrisse opere: in base a quali fonti, quindi, conosciamo il suo pensiero? Le principali testimonianze in nostro possesso si devono a quattro autori antichi.

  • Platone, il principale allievo di Socrate, che lo scelse come protagonista delle sue opere. Secondo molti studiosi, l’influenza socratica è maggiormente presente nelle sue opere giovanili, mentre diminuisce nelle opere della maturità e della vecchiaia.
  • Aristofane, il più importante commediografo greco, che nelle Nuvole ritrae Socrate come un sofista.
  • Senofonte, che conobbe Socrate e parlò di lui in alcune opere, come i Memorabili, l’Apologia, il Simposio, l’Economico. Il Socrate di Senofonte non ha però la forza speculativa che gli attribuisco altre fonti. D’altra parte, i rapporti tra Senofonte e il filosofo furono, in realtà, abbastanza limitati.
  • Aristotele, che si richiama all’eredità socratica e in molte sue opere riporta testimonianze sul suo pensiero. Bisogna però precisare che Aristotele e Socrate non si incontrarono mai.

A questi si devono aggiungere i socratici minori, cioè gli altri allievi di Socrate, di cui però ci sono giunti pochi frammenti.

Le testimonianze di questi autori sono in parte discordanti. Questo forse si può spiegare con il fatto che Aristofane scrisse la sua commedia quando Socrate aveva 40 anni, mentre Platone e Senofonte lo conobbero quando era più anziano. Rimangono, in ogni caso, delle difficoltà nella ricostruzione del pensiero socratico, perché si finisce per ricorrere a ipotesi e congetture, senza arrivare a una conclusione certa e definitiva.

La vita di Socrate

In base alle fonti, sappiamo che Socrate nacque ad Atene nel 469 a.C. Il padre Sofronisco era uno scultore, mentre la madre Fenarete una levatrice. Lo stesso Socrate svolse l’attività del padre e sposò Santippe, ricordata in vari aneddoti come una donna dispotica. La coppia ebbe tre figli: Lamprocle, Sofronisco e Menesseno. Ci sono giunte informazioni anche sul suo aspetto: aveva un fisico robusto ma un viso sgraziato, con degli occhi sporgenti.

Per quanto riguarda la sua formazione filosofica, secondo la tradizione fu allievo di Archelao, che a sua volta fu allievo di Anassagora. Risentì però l’influsso anche di altre correnti filosofiche del periodo, come per esempio dell’eleatismo parmenideo e della sofistica. Stando ad alcune fonti, tra cui il Fedone platonico, sembra che Socrate in un primo tempo si sia avvicinato al pensiero dei naturalisti, ma successivamente se ne sia distanziato per concentrarsi sull’uomo e la morale. A spingerlo verso questa riflessione hanno probabilmente avuto un ruolo le tesi dei sofisti.

Verso il processo: Socrate e Atene

Socrate partecipò attivamente alla vita della città. Stando alle testimonianze, più che nella sua bottega, preferiva trascorrere le sue giornate dialogando con chiunque incontrasse. Per lo più si intratteneva con artigiani, giovani, ma anche con politici, aristocratici, poeti e altri filosofi. Ebbe inoltre diversi allievi: oltre a Platone, il più celebre, si possono ricordare Antistene, Aristippo ed Euclide. Anche Senofonte fu suo amico e ammiratore.

Sappiamo inoltre che combatté come oplita durante la guerra del Peloponneso a partecipò a varie battaglie. Eletto membro della bulé dei Cinquecento ed entrato nel Comitato dei pritani, nel 405 a.C. fu l’unico a votare contro il procedimento intentato contro i generali ateniesi che avevano vinto la battaglia delle Arginuse. Si trattava di un’azione illegale, un abuso che si concluse con la condanna a morte dei generali. In seguito, Socrate mantenne le distanze dal governo oligarchico dei Trenta tiranni, a cui non risparmiò critiche. Si oppose, per esempio, all’arresto del democratico Leonte, rischiando gravi ritorsioni.

Con il ritorno della democrazia, tuttavia, pesarono su di lui le amicizie che aveva coltivato negli ambienti aristocratici, con personalità spregiudicate. Tra questi c’era Alcibiade, un giovane politico rivelatosi spregiudicato, considerato colpevole dello scandalo delle Erme. Ma pesarono anche i rapporti con la famiglia di Crizia, leader dei Trenta tiranni, di cui Platone era nipote. A questo vanno poi aggiunte le critiche che il filosofo rivolse, in varie occasioni, ai politici democratici, accusati di essere incompetenti e demagoghi. In un simile contesto maturò il processo a Socrate.

Il processo a Socrate

Nel 399 a.C. Socrate subì un processo con le accuse di empietà e di corruzione dei giovani. A muovergli causa furono tre ateniesi:

  • Meleto, che affisse materialmente l’accusa scritta al Portico del Re, era un poeta poco fortunato e sperava di trarre fama dalla causa;
  • Licone, un oratore poco noto;
  • Anito, un influente politico democratico, che fu il promotore della causa.

La causa per empietà si spiega con le ricerche filosofiche di Socrate, accusato di investigare cose che non gli competono. Aveva inoltre tenuto un atteggiamento critico nei confronti della religione tradizionale, pur senza mai disprezzarla pubblicamente. Atene si trovava però in una fase di profonda crisi, da cui cercava di uscire ancorandosi ai valori della tradizione. La posizione critica di Socrate poteva quindi rappresentare un pericolo. Inoltre, amava discutere di queste cose con i giovani: da qui l’accusa di corromperli.

Il processo a Socrate è uno degli eventi più celebri della storia della filosofia occidentale. Il filosofo decise di difendersi da sé in tribunale: rifiutò di riconoscersi colpevole (ammissione che gli sarebbe costata solo un’ammenda), ma allo stesso tempo decise di accettare l’esito del giudizio. Il discorso che tenne davanti all’assemblea fu un duro atto di accusa contro i politici e qualsiasi forma di falso sapere. Alla fine fu condannato con 360 voti su 500 e condotto in prigione. Stando a quanto racconta il Critone di Platone, Socrate rinunciò anche alla possibilità di evadere e andò incontro all’esecuzione, avvenuta per mezzo della cicuta. Sempre Platone ricostruisce, in chiave filosofica e letterarie, le ultime ore del maestro nel Fedone.

Sul web

Precedente Aristotele, vita e opere
Successivo Il metodo socratico: ironia e maieutica