Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre 2023

Zenone è il celebre autore dei paradossi, con cui i quali intendeva dimostrare la bontà del pensiero di Parmenide. Nato a Elea, come il maestro, attorno al 504-501 a.C., fu avversario dei tiranni e subì diversi sopruso. Poco sappiamo sulla vita – anche se pare inventata la notizia, riferita da Platone, che Zenone abbia incontrato il giovane Socrate. Platone inoltre lo descrive alla stregua di un sofista, che insegnava ai suoi allievi, dietro pagamento, come far apparire una cosa simile e verosimile, e a ottenere la vittoria in un dibattito. Proprio a quest’arte doveva far ricorso nella sua opera più famosa, in cui confutava le opinioni degli avversari di Parmenide.

Il ragionamento per assurdo

Zenone viene indicato da Aristotele come inventore della dialettica. Gli studiosi moderni però dubitano della correttezza di questa affermazione. In ogni caso, stando alle fonti, sappiamo che fece ricorso a ragionamenti per assurdo (i celebri paradossi) allo scopo di dimostrare l’infondatezza delle tesi contrarie alla dottrina monista di Parmenide. Secondo Zenone, se si ammette l’esistenza del movimento e della molteplicità degli enti, si finisce per incappare in conclusioni assurde. A questo proposito, il filosofo eleate formulò due serie di paradossi.

I paradossi di Zenone: l’essere è uno

Per negare la molteplicità, Zenone parte dal concetto di divisibilità. Immagina quindi un insieme di enti diversi, tutti riuniti all’interno di un unico essere. Tutti questi enti saranno altrettante parti dell’essere. Stando così le cose, si profilano due ipotesi.

  1. L’essere ha un numero finito di parti. Se per esempio le parti fossero due, per essere tali dovrebbero essere divise da qualcosa, e questo qualcosa dovrebbe essere una terza parte. Ma ammettendo che siano tre, sarebbero necessarie altre parti che separino queste tre parti le une dalle altre. Procedendo nel ragionamento si finisce per affermare che le parti sono infinite, negando così l’ipotesi di partenza.
  2. L’essere ha un numero infinito di parti. In questo caso, si pongono però altre due ulteriori possibilità.
    1. Ogni parte è inestesa. Se ogni parte è inestesa, significa che ogni parte sarà nulla. Ma un insieme di parti nulle è a sua volta nulla. Questa ipotesi è quindi assurda.
    2. Ogni parte è estesa. Se è così, ogni cosa dovrebbe essere composto da infinite parti dotate un’estensione e quindi anche gli oggetti comuni sarebbero privi di limiti. Anche questa ipotesi è quindi assurda perché contraria all’esperienza.
  3. I paradossi di Zenone: il movimento non esiste

    Tre sono i paradossi formulati da Zenone per sostenere l’impossibilità del movimento: il paradosso della dicotomia, il paradosso di Achille e il paradosso della freccia.

    Il paradosso della dicotomia o dello stadio afferma che un mobile che si sposta un punto a un altro lungo una linea retta, dovrà toccare tutti gli infiniti punti che si trovano tra il punto di partenza e quello di arrivo. Ma dovendo toccare infiniti punti, impiegherà un tempo infinito.

    Il paradosso di Achille e della tartaruga immagina che il più veloce tra gli eroi achei sfidi una tartaruga in una gara di corsa. Alla tartaruga però viene dato un margine di vantaggio: in questo modo, Achille non potrà mai raggiungerla, perché ogni volta che arriverà al punto dove si trova la tartaruga, questa si sarà spostata, anche se di poco, conservando sempre un margine di vantaggio, seppur piccolissimo.

    Nel paradosso della freccia, Zenone parte dal percorso che una freccia compie per raggiungere un bersaglio e lo suddivide in istanti di tempo. In ciascun istante la freccia occupa uno spazio sempre uguale a se stessa. Ma ciò che occupa sempre uno spazio uguale in ogni istante di tempo è per definizione fermo.

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