Nella letteratura italiana del Duecento ci furono diverse esperienze poetiche. Oltre alla scuola siciliana e allo stilnovo, esistevano all’epoca anche altre esperienze, tra cui la cosiddetta poesia comico-realistica. Utilizzando uno stile basso, parlava della vita quotidiana del popolo, riprendendo elementi volgari e degradati. In questo modo, rovesciava gli schemi della produzione alta e ne faceva una caricatura grottesca.

La poesia comico-realistica: caratteristiche

Con l’espressione di poesia comico-realistica ci si riferisce a un insieme molto variegato di autori, accomunati da due elementi:

  • la lontananza dalla linea poetica che, dalla poesia provenzale, arriva allo stilnovo;
  • il ricorso a temi legati alla quotidianità e a un linguaggio vicino alla lingua parlata.

Lo stesso aggettivo “comico” va inteso nel senso medievale di poesia umile, che ricorre a un tono basso, mentre “realistica” si riferisce al contenuto di questa lirica, che affronta temi quotidiani (ma senza vere e proprie aspirazioni al realismo, inteso in senso moderno).

I riferimenti di questa poesia si possono rinvenire:

  • nei versi goliardici della poesia mediolatina (l’esempio più noto sono i Carmina Burana);
  • nella parodia (genere presente in varie letterature), cioè la descrizione con linguaggio alto di un argomento basso.

Nella poesia comico-realistica, quindi, c’è un ribaltamento dei valori cortesi. Tutto, piuttosto, viene deformato per andare verso il ridicolo. Si possono così ritrovare caricature di persone conosciute, rappresentazioni ben poco idealizzate dell’amore sensuale, donne volgari e sentimenti che non hanno niente di nobile.

Allo stesso tempo, però, è una poesia che tiene in considerazione la lezione della poesia colta dell’epoca. Ne è una dimostrazione la complessità che si ritrova nella costruzione formale di alcuni componimenti. I temi trattati, inoltre, sono dei topoi, che non necessariamente affondano le loro radici nel vissuto del poeta o fanno riferimento a fatti realmente accaduti. Inoltre, trattandosi di un filone poetico che rifiuta il conformismo e le gerarchie sociale, dà voce a temi come l’emarginazione e il dissenso

Esempi di poesia comico-realistica

Rustico di Filippo

Il fiorentino Rustico di Filippo (1230-1291/1300) è il più antico autore riconducibile a questo filone, nonché uno dei più rappresentativi. Dei suoi 58 sonetti, 29 sono di tipo comico. Sono composizione che si caratterizzano per una rude energia e per un registro molto ampio, che spazia dai termini aulici a quelli popolani.

Cecco Angiolieri

Cecco Angiolieri è il più famoso autore di questo filone poetica. Nacque forse a Siena, nel 1260 circa, da una famiglia nobile di orientamento guelfo. Di temperamento anticonformista e gaudente, ebbe una vita sregolata. Partecipò all’assedio del castello di Turri in Maremma (1281), ma ricevette una multa perché si era allontanato senza permesso. In seguito ricevette altre condanne per non avere rispettato il coprifuoco. Infine fu bandito due volte da Siena: nel 1300 e nel 1303. Alla sua morte, avvenuta prima del 1312, le sue economie erano talmente disastrate che gli eredi rifiutarono l’eredità per evitare i suoi debiti.

Le fonti gli attribuiscono 130 sonetti, dei quali però una ventina è spuria. Lo stesso Angiolieri contribuisce a creare l’immagine del vagabondo gaudente con cui è conosciuto, molto probabilmente esagerando alcuni tratti che dovevano essere tipici del suo carattere. Si descrive infatti come un uomo dedito alla crapula, che odia i genitori perché non voglio dargli i soldi e la moglie perché lo rimbrotta di continuo.

Il suo componimento più famoso è il sonetto S’i’ fosse fuoco, che ruota attorno a una serie di affermazioni contro famiglia, società, religione e politica. Il tutto in un crescendo di violenza, secondo una accentuazione iperbolica. Ma è solo un gioco letterario, smorzato dall’invito finale a godere dei piaceri immediati. Grande però è la cura formale che Cecco dedica al sonetto: ha una struttura simmetrica, e l’anafora (la ripetizione della frase S’i’ fosse all’inizio di ogni verso) attribuisce al testo un andamento martellante. Quest’ultimo è acuito dalla presenza della cesura in nove versi su quattordici.

A Cecco Angiolieri si fa risalire un filone particolarmente fortunato nella letteratura italiana, che riusce autori come Pulci, Folengo e Rusante. Autori di opere dissacranti, in cui si racconta di personaggi irregolari, contrapponendo spiritualità a realtà materiale.

Folgóre di San Gimignano

A Folgóre da San Gimignano (vissuto tra il XIII e il XIV secolo) sono attribuiti 2 sonetti scritti tra il 1309 e il 1317. Di questi:

  • 14 sonetti compongono una corona, in cui si spiega come trascorrere lietamente i mesi dell’anno;
  • 8 sonetti parlano dei giorni della settimana;
  • gli altri componimenti affrontano tematiche politiche o celebrano le virtù cavalleresche.

C’è infatti, nell’opera di Folgóre, una nostalgia per la passata età della cortesia, scomparsa in seguito all’avvento del mondo mercantile. Si è persa, in questo modo, l’arte dello spendere e del donare, cosa a cui il poeta cerca di rimediare, spiegando nelle sue opere come spendere il tempo in modo signorile. Sono quindi sonetti in cui l’autore magnifica lo sfarzo e spiega come l’antica cortesia si sia adattata al nuovo spazio della città. Il mondo feudale, contrapposto a quello borghese, diventa così un luogo di evasione. Ma la poesia di Folgóre non è priva di ironia: non mancano infatti elementi caricaturali e toni realistici.

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