Oltre alla lirica cortese, di origini auliche, nella penisola italiana era diffusa anche una poesia popolare e giullaresca. Si rivolgeva a un pubblico di modesta cultura, nata prima del Duecento e destinata a sopravvivere per molto tempo. Nonostante la sua antichità, tuttavia, di questa poesia rimangono solo poche testimonianze. I componimenti, infatti, erano spesso trasmessi per via orale e la loro diffusione avveniva ai margini della cultura ufficiale aulica.

La figura del giullare

Dietro a questa poesia di origine popolare c’è una figura molto particolare, quella del giullare. La parola, dal latino joculares (giocolieri), indica gli uomini che giravano di città in città, esibendosi in piazza per divertire il pubblico. Si trattava di persone con una certa preparazione culturale, in grado di cantare e comporre poesie. Non di rado, i più colti avevano accesso alle famiglie signorili e, nel corso dei secoli, la figura del giullare divenne stabile all’interno delle corti.

Oltre all’intrattenimento, i giullari avevano anche un importante ruolo nella diffusione delle notizie. Spostandosi di città in città, infatti, raccoglievano informazioni che poi portavano con loro e trasmettevano. In questo senso, il loro era anche un ruolo sociale di non secondaria importanza e non di rado ricevevano incarichi ufficiali a diffondere notizie. Tuttavia, non sempre ricevevano una buona accoglienza. Durante il Medioevo la Chiesa condannò più volte i giullari, che furono oggetto di bandi e invettive.

Generi della poesia popolare e giullaresca

I generi utilizzati dai giullari erano molto vari. Tra i più importanti vi erano i ritmi, i cantari, i monologhi e le ballate. Molto diffuso era il contrasto, nato in Provenza, che portava in scena il dialogo tra un cavaliere e una pastorella (personaggi forse rappresentati da giullari travestiti). Erano opere raffinate, in cui lo sfondo sensuale era velato dall’eleganza stilistica. Il più famoso contrasto si deve a Cielo d’Alcamo: è Rosa fresca aulentissima, scritto nella prima metà del XIII secolo. Sono poi da ricordare anche alcuni componimenti scritti da Guido Cavalcanti (In un boschetto, fine XIII secolo) e Franco Sacchetti (O vaghe montanine pasturelle, XIV secolo).

Anche le forme metriche erano molto varie, e comprendevano sesta rima, ottava narrativa, strofa di ballata, ottava siciliana tetrastica e altre ancora. I componimenti erano cantanti o recitati in piazza. A esibirsi era l’autore in persona, ma esistevano anche canterini professionisti. I temi dei componimenti, poi, erano estremamente vari, dall’alba (il commiato degli amanti alla fine della notte), alla malmaritata (la donna si lamenta del marito), al colloquio tra la giovane che vuole sposarsi e la madre. Tra i temi trattati c’erano anche la politico e la religione (come le polemiche sugli ordini mendicanti), che favorivano la discussione e la circolazione delle notizie.

I Memorabili bolognesi

Con Memorabili bolognesi si intendono i registri dove venivano trascritti gli atti pubblici della città di Bologna. E perché li citiamo? I notai, per evitare che l’aggiunta di modifiche ai documenti, riempivano gli spazi bianchi con testi di vario tipo: preghiere, frasi in latino e poesie. Queste ultime, non sempre erano di autori colti: spesso i notai trascrivevano anche componimenti popolari. I Memorabili bolognesi rappresentano quindi un grande testimonianza sulla poesia popolare e giullaresca, soprattutto negli anni tra il 1279 e il 1325.

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