Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio 2023

Riassunto di Se questo è un uomo, l’opera più famosa di Primo Levi, il più celebre libro della letteratura italiana dedicato alla Shoah. Pubblicato dall’editore De Silva nel 1947 e poi da Einaudi nel 1953, è uno lucido racconto del periodo trascorso dall’autore ad Auschwitz. Ed è anche una delle più vivide testimonianze delle persecuzioni ebraiche durante il nazismo.

Se questo è un uomo: riassunto della trama

Primo Levi fu catturato dalla milizia fascista il 13 dicembre 1943. Avendo dichiarato di essere ebreo fu trasferito a Fossoli, per poi essere inviato in Polonia, al campo di Monowitz, satellite di Auschwitz. Inizia così il racconto della vita nel lager e di come Levi ne abbia imparato poco alla volta le dure regole. Sottolinea così la disumanizzazione, come ai deportati fosse tolta qualsiasi dignità umana per ridurli a oggetti. Si racconta come prigionieri morissero per fame, malattie, stenti e violenze. Grazie alle sue competenze di chimico, Levi riuscì a trovare un impiego nella fabbrica del campo, riuscendo così a sfuggire alla morte. Nei capitoli finali, l’autore ricorda il tracollo del nazismo e degli ultimi giorni nel campo. Levi, ammalato di scarlattina, evitò la selezione per la “marcia della morte” e rimase nel lager, dove assistette i malati della sua baracca fino alla liberazione, avvenuta il 27 gennaio 1945.

Se questo è un uomo: temi, lingua e stile

Se questo è un uomo racconta la vita nel lager nella forma del racconto-diario, con una continua alternanza tra il presente (tempo del diario) e il passato (tempo della storia). Levi non punta alla compassione, non giudica ma nemmeno perdona. Vuole infondere nel lettore la consapevolezza di ciò che è stato. «Meditate che questo è stato: / vi comando queste parole […] Ripetetele ai vostri figli»: queste parole campeggiano nella poesia che apre il romanzo. Levi racconta una realtà che è impossibile da raccontare, per la quale non ci sono parole in italiano.

Descrive quindi il lager come un mostruoso esperimento antropologico, un luogo in cui la crudeltà disumanizza i deportati e li riduce a meri oggetti. Senza più una dignità, emerge solo una crudeltà innaturale per l’essere umano. Chimico di formazione, Primo Levi ricorre a una prosa asciutta, chiara e lucida, che cerca di comprendere una realtà che invece sembra priva di razionalità. È una prosa priva di retorica e di emotività, che descrive in modo efficace tutta la barbarie del nazismo.

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