Ultimo aggiornamento: 14 Novembre 2022

Il pensiero e la poetica di Lev Tolstoj, dalle prime opere giovanili fino agli scritti della maturità. Considerato per molto tempo dai contemporanei come una personalità ambigua, per le sue idee in parte reazionarie e in parte utopistiche, Tolstoj negli ultimi anni della sua vita divenne un’autorità morale riconosciuta non solo in Russia ma in tutta Europa.

Il pensiero di Lev Tolstoj nella giovinezza

La poetica e il pensiero di Lev Tolstoj sono profondamente legate al suo vissuto e alle sue esperienze. Nato in una famiglia di antica nobiltà, crebbe in un ambiente patriarcale e isolazionista, fortemente legato ai valori della società russa del XVIII secolo, di cui si trova traccia nelle sue opere. L’originalità di Tolstoj in parte risiede anche nel fatto che nella sua opera riprendono forza alcuni valori arcaici, all’epoca considerati superati.

Rimasto orfano dei genitori, si iscrisse all’università, ma senza completare gli studi. La lettura di Rousseau lo influenzò profondamente, al punto da indurlo a lasciare l’accademia. Alla fine degli anni quaranta iniziò a scrivere il suo diario e a lavorare alle prime prove letterarie. Negli anni cinquanta ci furono poi l’esperienza militare e i primi contatti con i circoli intellettuali russi, che lo consideravano però un estraneo.

Nelle prime opere sono già evidenti alcuni caratteri fondamentali della poetica di Tolstoj. Vi troviamo: l’assenza di una trama, l’attenzione a particolari dettagli, il ritmo lento, l’uso del monologo interiore, la presenza di due personaggi che hanno sorti parallele, il confronto tra animo umano e natura. Centrale è lo straniamento: la realtà è raccontata a partire da dettagli che vengono tolti dalla loro serie causale e riaggregati dal narratore. Negando il comune rapporto di causa-effetto, infatti, Tolstoj mostra che il mondo moderno è un insieme illusorio di eventi casuali.

La riflessione sull’educazione

Nella seconda metà degli anni Cinquanta Tolstoj era un intellettuale isolato. Lo scrittore sentiva come una minaccia la fine della società patriarcale e l’affermazione di nuovi rapporti di tipo borghese. Nel 1860, abbandonata momentaneamente la letteratura, si dedicò all’educazione. Aprì a Jasnaja Poljana una scuola per i figli dei contadini e iniziò a sviluppare un proprio sistema pedagogico. Convinto che l’educazione non sia un semplice accumulo di nozioni, basò il proprio programma sull’induzione: i principi vanno innescanti nell’allievo attraverso esempi e dati generali.

Nel 1962 fondò una rivista pedagogica, «Jasnaja Poljana», sulle cui pagine non solo espose le sue teorie sull’educazione, ma parlò anche delle sue opinioni sulla società. In particolare sostenne la superiorità delle classi popolari che vivono in una vita più piena e integra. Per questo motivo, anche le opere dell’arte popolare sono di livello più alto dell’arte colta. I contadini possono apprezzare le opere di Puškin e Beethoven, ma solo in seguito a un’educazione che li corrompe.

La critica di Tolstoj colpisce anche l’idea occidentale di progresso. Nella storia non c’è alcuna dinamica verso un progresso della civiltà, e ciò che in Occidente è chiamato “progresso” non è altro che lo spostamento di risorse dalle classi povere alle élite ricche. Queste ultime sono favorevoli al progresso tecnologico perché va a loro vantaggio. Viceversa, i contadini sono conservatori perché ogni innovazione danneggia il mondo patriarcale che si basa su un’agricoltura di autoconsumo. Se da un lato è favorevole all’abolizione della servitù della gleba, dall’altro ritiene che l’aristocrazia agraria debba tornare alla terra e diventare un nuovo polo di aggregazione per i contadini.

Guerra, storia e modernità

Nelle pagine di Guerra e pace (1867) Tolstoj tratteggiò i punti fondamentali del suo pensiero e della sua concezione della storia. Il corso degli eventi mondiali è determinato dall’alto e dipende dall’arbitrio di milioni e milioni di persone, che con le loro decisioni partecipano alla storia. I grandi uomini, che danno il loro nome ai momenti storici, in realtà hanno ben poca importanza negli eventi storici. Anche il potere di generali e sovrani non dirige la storia; al contrario, gli uomini di potere sono succubi della storia. Milioni di persone si muovono, si uccidono e compiono scelte, e i condottieri sono solo degli individui tra i tanti, che solo in maniera illusoria guidano la storia. L’uomo è libero solo nelle scelte che riguardano la sua cerchia più ristretta. Quando però si trova in una società complessa deve agire secondo le leggi che sono per lui stabilite.

Mentre lavorava ad Anna Karenina (1877), il pensiero di Tolstoj su modernità e società si radicalizzò. Influenzato da Schopenhauer, affermò che la società moderna è pura illusione: le norme che regolano la vita associata sono soltanto la manifestazione di istinti egoistici. La salvezza risiede in una vita spontanea che segue i cicli naturali e il lavoro fisico. In Anna Karenina questa via è incarnata da Levin. Anna e Vronskij, al contrario, sono colpevoli di fronte alla vita, perché hanno anteposto i loro desideri egoistici. La loro vita non è autentica né spontanea, perché non fanno altro che perseguire i propri desideri.

Il pensiero dell’ultimo Tolstoj

Dopo Anna Karenina Tolstoj si disinteressò al romanzo (vi tornò nel 1886 con La morte di Ivan Il’ič). Nel 1882 pubblicò la sua Confessione, che segnò uno spartiacque nella sua attività letteraria. Una crisi spirituale, infatti, lo spinse verso tutt’altra direzione rispetto al passato. All’inizio degli anni ottanta si dedicò alle opere di teologia che in seguito gli valsero la scomunica dalla Chiesa ortodossa. Eliminati tutti gli elementi soprannaturali citati nei Vangeli, lo scrittore fa di Cristo un modello di umanità e di morale. Il pensiero religioso di Tolstoj si concentra quindi sugli insegnamenti del discorso evangelico della montagna e sul comandamento secondo cui bisogna amare Dio e il prossimo come se stessi.

La morte di Ivan Il’ič è invece una riflessione sulla morte vista come totalmente altro dalla vita, come purificazione e occasione di perdono. Le opere degli ultimi anni, tra cui il romanzo Resurrezione (1899), descrivono le contraddizioni della società moderna. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento Tolstoj è un punto di riferimento morale: sostiene la lotta antimilitarista e devolve i ricavati delle sue opere in favore delle vittime della carestia. Allo stesso tempo, era ormai insofferente per la vita in famiglia: la moglie e i parenti, infatti, mal sopportano il suo comportamento. La crisi familiare culminò nell’allontanamento: la drammatica fuga in treno e la scomparsa nella stazione di Astàpovo.

Sul web

Precedente Primo Levi, pensiero e poetica
Auschwitz Successivo Primo Levi, Se questo è un uomo: riassunto e commento