Analisi de Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, probabilmente il romanzo più famoso dello scrittore langhigiano, ispirato all’esperienza dell’autore durante la guerra partigiana.

Genesi de Il partigiano Johnny

Qualsiasi analisi de Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio non può prescindere da alcune questioni di carattere filologico. In una lettera a Calvino, Fenoglio annunciava l’intenzione di scrivere un grande libro sulla resistenza, composto da due parti. Nel 1959 uscì per Garzanti Primavera di bellezza, che doveva essere la prima parte del libro, ma con pesanti modifiche imposte dall’editore. In particolare il romanzo termina con la morte di Johnny, il protagonista, durante la sua prima azione partigiana.

Nel 1968, a cinque anni dalla morte dell’autore, esce Il partigiano Johnny per Einaudi, a cura di Lorenzo Mondo. Il testo del volume è il risultato della combinazione di due diverse redazioni rivenute tra le carte di Fenoglio. È quindi da considerarsi un’opera incompiuta, e anche il titolo fu scelto dal curatore.

Il partigiano Johnny: trama

Dopo avere lasciato l’esercito in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, Johnny, uno studente universitario riesce a risalire la penisola da Roma e raggiungere la natia Alba. Tuttavia, la città è occupata dai tedeschi. Il protagonista decide quindi di unirsi ai partigiani, dapprima nelle brigate comuniste guidate dal commissario Némega. È però solo una fase momentanea: dopo la morte del partigiano Tito, passa alle brigate azzurre del comandante Nord. Sono i cosiddetti “badogliani”, partigiani che facevano riferimento al governo italiano insediato in Italia meridionale.

Johnny si lega da subito con l’amico Ettore e al tenente Pierre. Viene narrata la presa della città di Alba (10 ottobre 1944), che rimase sotto il controllo dei partigiani per 23 giorni. A questo segue il lungo inverno, durante il quale le formazioni partigiane badogliane, seguendo le indicazioni date dagli alleati nel Proclama Alexander, si sciolgono. Johnny affronta questo periodo in compagnia di Ettore e Pierre, finché il primo non viene catturato e il secondo rimane ferito. Tenta di procurarsi un prigioniero fascista per riscattare l’amico Ettore, ma lo scambio fallisce.

Johnny trascorre i mesi successivi in assoluta solitudine, vagabondando con il rischio di essere intercettato dalle spie fasciste. Alla fine di gennaio 1945 la brigata si ricompone, ma Johnny si sente ormai distante dai compagni. Durante il primo scontro con i nazifascisti, nonostante l’ordine di ritirata, si lancia euforico contro il nemico. Il romanzo si chiude con l’enigmatica frase: «Due mesi dopo la guerra era finita», senza aggiungere nulla sulla sorte del protagonista.

Il partigiano Johnny: analisi stilistica

Tra gli aspetti che spiccano c’è lo stile: mentre Primavera di bellezza aveva uno stile asciutto ed essenziale, Il partigiano Johnny è molto più sperimentale. Fenoglio usa frequentemente espressioni in inglese, invenzioni lessicali e variazioni della normale sintassi. È un originalissimo plurilinguismo, che dà al romanzo una particolare forza. Tuttavia, non si tratta di una scelta con finalità realistiche o espressioniste, poiché le espressioni usate sono lontane dalla lingua quotidiana, ma spesso riprendono forme squisitamente letterarie. Piuttosto è una lingua astratta, che deriva della passione dell’autore per la letteratura anglosassone, che sembra guardare alle cose da una prospettiva obliqua, come da altrove.

Il partigiano Johnny: analisi dei temi

Sebbene avvicinabile per temi al neorealismo, Il partigiano Johnny presenta delle caratteristiche che lo differenziano dagli autori di questa corrente e lo avvicinano alla coeva narrativa europea. Fenoglio racconta la Resistenza senza retorica o mitizzazioni, descrivendo anche la scarsa organizzazione delle formazioni partigiane. La guerra diventa piuttosto un’immagine della violenza e dell’assurdità che caratterizzano l’esistenza.

Per Johnny, partecipare alla guerra partigiana è un dovere ineluttabile. Odia i suoi nemici, partecipa ai dolori degli altri, fa affidamento sulle proprie energie e fa i conti con la stanchezza. Su tutto c’è però un velo tragico: assurdo è il desiderio del protagonista di combattere, come assurdo è il rapporto che l’individuo stabilisce con il mondo. Fenoglio mostra nella sua opera l’impossibilità di attribuire un significato agli avvenimenti e sottolinea come dall’orrore non si possa ricavare un’immagine di futuro. La guerra diventa una testimonianza di come gli uomini cerchino testardamente di resistere all’assurdità di ciò che esiste.

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