Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

Le opere di Cesare Pavese sono tra le più rappresentative della letteratura italiana del secondo dopoguerra. Collegandosi alle esperienze del neorealismo, sviluppò una personale ricerca letteraria segnata anche dalla sua travagliata esperienza umana.

Vita

La formazione

Cesare Pavese nacque a Santo Stefano Belbo, nelle Langhe cuneesi, il 9 settembre 1908. La famiglia, originaria di Torino, raggiungeva ogni anno le Langhe come luogo vacanza. A soli otto anni perse il padre e fu cresciuto dalla madre, che si fece carico dell’educazione dei cinque figli. Donna energica e severa, non riuscì tuttavia a far vincere al giovane Cesare i suoi timori nei confronti della vita.

Frequentò le scuole medie in un istituto dell’alta borghesia, ma si trovò a disagio e non si adattò mai alla vita cittadina, mantenendo sempre un atteggiamento da provinciale. Al liceo ebbe come docente di italiano e latino lo scrittore Augusto Monti, attorno a cui si formò un gruppo di studenti. Appassionatosi alla letteratura americana, frequentò la Facoltà di Lettere a Torino, dove si laureò con una tesi su Walt Whitman. Negli scrittori d’Oltreoceano Pavese vedeva un atteggiamento individualista e libertario, ben diverso da quello proposto dalla propaganda fascista del tempo.

Cesare Pavese, le prime opere e la guerra

Dopo la laurea Pavese iniziò l’attività editoriale come traduttore di autori statunitensi, dei quali parlava anche sulla rivista «La Cultura», di cui fu direttore a partire dal 1934. Tradusse Il nostro signor Wrenn di Sinclair Lewis, Moby Dick di Herman Melville, Dedalus di James Joyce e 49º parallelo di Dos Passos. Sono anche anni di letture importanti: tra queste Il Ramo d’oro di James G. Frazer, che influenzò la sua riflessione sul mito. Nel 1933, su pressione della famiglia, si iscrisse al Partito Nazionale Fascista (PNF) e poté così ottenere una supplenza in una scuola.

Pur non occupandosi direttamente di politica, coltivava rapporti di amicizia con molti intellettuali antifascisti, alcuni dei quali aderivano al gruppo Giustizia e Libertà. Proprio queste frequentazioni lo portarono ad avere problemi con il regime e nel 1936 fu espulso dal PNF e condannato al confino in Calabria. Poté tornare a Torino l’anno successivo, quando iniziò a lavorare per la casa editrice Einaudi. Riprese inoltre l’attività di traduttore. Allo scoppio della guerra, Pavese continuò l’attività editoriale, spostandosi nella sede dell’Einaudi a Torino. Nel 1941 pubblicò il suo primo romanzo, Paesi tuoi, che ottenne subito ottimi riscontri. Dopo l’8 settembre 1943 non si unì alla Resistenza: si nascose piuttosto nel Monferrato, dove attese la fine del conflitto. Fu questo un periodo di profonda crisi, destinato a lasciare il segno nella vita e nelle opere dello scrittore.

Il dopoguerra e l’attività editoriale

Nel dopoguerra riprese a lavorare per Einaudi, della quale fu direttore editoriale. Si trasferì nella sede romana, dove avviò nuove collane dedicate ai classici italiani, alle scienze storiche e all’etnologia. Nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista, non per convinzione ma come gesto di riparazione per non aver partecipato direttamente alla Resistenza. I suoi articoli e i suoi interessi per l’antropologia, il mito e la religione, tuttavia, sollevarono critiche da parte dei dirigenti comunisti, che lo indussero a lasciare il partito. Negli anni quaranta pubblicò ancora Feria d’agosto, Dialoghi con LeucòIl compagno e La bella estate, con cui vinse il premio Strega nel 1950. Sempre nello stesso uscì La luna e i falò, la sua ultima opera. Pavese attraversò infatti una profonda crisi personale, dovuta al fallimento della relazione con l’attrice statunitense Constance Dowling. Morì suicida la notte del 26 agosto 1950 nell’albergo Roma di Torino.

Opere di Cesare Pavese

Lavorare stanca: Cesare Pavese poeta

L’attività di poeta di Cesare Pavese iniziò nel 1931, quando scrisse i primi componimenti. La raccolta, con il titolo Lavorare stanca, comparve poi per le edizioni di «Solaria» nel 1936. L’opera non ebbe immediato successo ma fu riscoperta solo nel secondo dopoguerra, durante il neorealismo. Pavese mescola nei suoi versi realismo e simbolismo, e prende a modelli autori marginali della letteratura italiana contemporanea, come Thovez e Jahier. A questi si aggiunge l’influenza del poeta americano Walt Whitman. Nelle sue poesie Pavese diede voce al suo dramma esistenziale e alle sue ossessione. Tuttavia questo tentativo rimase isolato: in seguito scrisse solo poche liriche, pubblicate postume nel volume Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Le poesie di Pavese sono strettamente collegate alla sua esperienza biografica e al suo travaglio umano e intellettuale. Alla ricerca di nuove forme adeguate per dar voce alle sue sensazioni interiori, sviluppa un originale modello di «poesia-racconto». Ogni componimento, infatti, è un racconto chiaro di ciò che l’autore sentiva. Pavese rifiuta chiudersi nel proprio io, ma tenta piuttosto di aprirsi verso l’esterno, ricorrendo al verso lungo (più lungo dell’endecasillabo classico) e sforzandosi di collegare il soggetto del poeta con la realtà concreta.

Romanzi e racconti

Pavese iniziò l’attività di narratore negli anni trenta, quando scrisse i primi racconti e i romanzi brevi Il carcere (1938-39), Paesi tuoi (1939), La bella estate (1940) e La spiaggia (1942). Il successo come scrittore arrivò però nel secondo dopoguerra, quando uscirono quelli che sono considerati i suoi capolavori. Pubblica le raccolte di racconti Feria d’agosto (1942) e i Dialoghi con Leucò (1947), in cui riprende il modello delle Operette morali di Leopardi per riflettere sul mito. Escono inoltre i romanzi La luna e i falò (1950).

Le opere narrative di Cesare Pavese si basano sulla ripetizione di alcuni temi fondamentali della sua poetica. Centrale è la nozione di realtà simbolica: i suoi romanzi e racconti sono ambientati in una ben determinata realtà storica e sociale. Tuttavia questi elementi non rimandano a se stessi ma a significati simbolici, creando una fitta rete di metafore e richiami. Scopo della narrativa è infatti andare oltre la realtà superficiale per scoprire le segrete relazioni tra le cose.

Il mestiere di vivere: i diari di Cesare Pavese

Postumo uscì Il mestiere di vivere, la raccolta dei diari di Cesare Pavese. Si tratta di un’opera intima, in cui lo scrittore ha annotato, sotto forma di appunti, riflessioni e sensazione. Iniziò a tenere il diario il 6 ottobre 1935,e si fermò il 27 agosto 1950, pochi giorni prima del suicidio. Si tratta di un vero e proprio Zibaldone, che spazia dalla filosofia e la teologia a riflessioni su se stesso, a meditazioni sulla letteratura, a descrizioni di luoghi e ambienti.

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