Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio 2023

Il pensiero di Charles Darwin e la sua teoria dell’evoluzione hanno profondamente segnato la cultura e la scienza occidentali a partire dall’Ottocento e dall’età del positivismo.

Le teorie dell’evoluzione prima di Darwin

Darwin non fu il primo a formulare una teoria dell’evoluzione delle specie. L’idea infatti si fece strada a partire dalla fine del Settecento. Già nel XVII secolo alcune scoperte avevano mostrato come le specie viventi potevano essere classificate secondo una scala naturae, dalle più semplici alle più complesse. Autori come Maupertuis (1698-1759) e Buffon (1707-1788) avevano poi ipotizzato che le specie si modificassero in base a processi evolutivi. Il naturalista Erasmus Darwin (1731-1802), nonno di Charles, ipotizzò inoltre che l’evoluzione si dovesse all’acquisizione di nuove capacità come risposta alle sfide ambientali.

La prima compiuta teoria dell’evoluzione si deve però al botanico e zoologo Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829). Nella sua opera più famosa, La filosofia zoologica (1809), riconduceva l’origine delle specie e la loro trasformazione a tre princìpi.

  • Auto-organizzazione della materia. Nella natura è presente una spinta organizzativa, che porta le specie più semplici a evolversi verso forme più complesse.
  • Uso e non uso degli organi. A spingere verso nuove forme di organizzazione sono le sfide dell’ambiente, che portano a usare o non usare un organo, decretandone lo sviluppo o l’atrofia. L’esempio più famoso è quello della giraffa, che secondo Lamarck aveva allungato il collo per raggiungere le foglie più alte.
  • Ereditarietà dei caratteri acquisiti. I nuovi caratteri acquisiti vengono trasmessi ai discendenti e diventano tipici della specie.

Il Beagle e il viaggio di Darwin

Nato a Shrewsbury il 12 febbraio 1809 in un famiglia di idee liberali, compì inizialmente studi di medicina, seguendo la tradizione di famiglia. Ben presto però mostrò maggiore interesse per le scienze naturali. Il padre lo indirizzò allora alla teologia e alla carriera ecclesiastica: studente a Cambridge, lesse la Teologia naturale (1802) di William Paley, che tentava di dimostrare l’esistenza di Dio a partire dall’adattamento degli esseri viventi all’ambiente in cui vivono.

Darwin però non riuscì a concludere neanche gli studi in teologia e nel 1831 accettò la proposta di imbarcarsi come naturalista sul brigantino Beagle. La spedizione aveva lo scopo di compiere il giro del mondo per raccogliere rilevamenti di interesse nautico. Il viaggio durò dal 1831 e il 1836, e Darwin scrisse le sue impressioni e i suoi appunti su un diario, pubblicato nel 1839 con il titolo di Viaggio di un naturalista intorno al mondo.

Raccolse osservazioni sulla geologia, la paleontologia e le specie viventi dei luoghi che visitava. Animali affini si trovavano su terre diverse, e fossili di enormi animali preistorici presentavano somiglianze con alcune specie viventi più piccole. Sulle isole Gapalagos, nel Pacifico, notò che la flora e la fauna cambiavano da un’isola all’altra, nonostante le condizioni ambientali fossero simili.

Charles Darwin: teoria dell’evoluzione

Tornato in patria, Darwin iniziò a riflette sulle sue osservazioni, che contraddicevano la teoria della creazione narrata nella Genesi. In particolare si soffermò sulle variazioni negli animali domestici e nelle piante coltivate a opera della selezione umana. Importante fu poi la lettura delle opere di Thomas Malthus (1766-1834) e lo studio della sua teoria economica, secondo cui la popolazione ha una crescita geometrica, mentre le risorse naturali hanno una crescita aritmetica.

Darwin giunse così alla sua ben nota teoria dell’evoluzione delle specie, descritta nel saggio L’origine delle specie (1859). Le specie sono popolazioni di individui che presentano delle differenze a livello fisico o comportamentale, e che le possono trasmettere ai loro discendenti (principio di variazione). Alcuni di questi individui però risultano più adatti all’ambiente in cui vivono, e quindi hanno maggiori possibilità di sopravvivere e riprodursi. In questo modo, le variazioni individuali che si sono rivelate vantaggiose per vivere in un determinato ambiente, hanno la possibilità di passare dai genitori ai figli. Viene così formulato il principio della selezione naturale, attraverso cui vengono selezionate le variazioni che sono utili alla sopravvivenza dell’individuo.

Charles Darwin: l’origine dell’uomo

Se le specie viventi evolvono, anche la specie umana deve avere avuto origine da un simile processo. Il primo a sostenere questa idea, rimasta implicita nell’Origine delle specie, fu Thomas Huxley (1825-1895). Nel saggio Il posto dell’uomo nella natura (1863) rilevò una serie di affinità anatomiche tra l’uomo e le scimmie superiori e giunse alla conclusione che dovevano discendere da un antenato comune.

Darwin affrontò la questione in una delle sue opere più famose, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale (1871). Qui si concentrò non tanto sugli aspetti fisici, ma sullo sviluppo della capacità intellettuali e morali della specie umana. Tentò in particolare di dimostrare che tra l’uomo e gli animali superiori la differenza di intelligenza fosse di intensità ma non di essenza: le specie possono essere più o meno intelligenti, ma l’intelligenza è sempre la stessa. Di conseguenza, poteva spiegare la superiore intelligenza umana con un processo continuativo dovuto all’evoluzione.

Diverso era il caso della morale, caratteristica esclusiva dell’uomo. In questo caso, Darwin propose di ricondurne l’origine alla natura sociale dell’essere umano e alla solidarietà tra gli individui. Simili attitudini sociali, tuttavia, si potevano osservare anche in altre specie. Di conseguenza, l’uomo perdeva la sua unicità tra gli esseri viventi e gli venivano attribuite le stesse origini biologiche degli altri animali. Anche le sue capacità superiori non sono, nella teoria darwiniana, che l’affinamento di caratteristiche già presenti negli altri animali superiori.

Negli anni seguenti Darwin proseguì i suoi studi fino alla morte, avvenuta a Londra il 19 aprile 1882.

Accoglienza della teoria dell’evoluzione di Darwin

Le teorie di Darwin furono accolte da aspre polemiche. L’evoluzione delle specie negava la teologia naturale e il provvidenzialismo, perché non contemplava l’azione della Provvidenza divina nei processi biologici. Secondo Darwin infatti l’ordine può sorgere da solo dal caos, senza intervento divino. Veniva poi contestato il fatto che le variazioni previste dalla sua teoria, per verificarsi, avrebbero richiesto tempi lunghissimi. Secondo le stime del tempo, infatti, il sistema solare non poteva avere più di qualche milione di anni.

D’altra parte, anche tra chi accoglieva la tesi dell’evoluzione, molti rifiutavano di estenderla all’uomo. Alfred Wallace (1823-1913) in particolare, che aveva sviluppato una propria teoria dell’evoluzione indipendentemente da Darwin, sosteneva che il cervello umano era troppo sviluppato rispetto all’uso che se ne faceva nelle società primitive. Alcune capacità umane, come quella di comporre musica, furono inoltre sviluppate prima che l’uomo ne avesse bisogno e non possono quindi essere frutto di selezione naturale.

L’evoluzionismo riuscì comunque ad affermarsi nella cultura europea. Nella seconda metà dell’Ottocento diventò, inoltre, una visione unificante capace di spiegare qualsiasi forma del divenire. Così è per Herbert Spencer (1820-1903), fondatore del darwinismo sociale. L’opera di Darwin mutò, d’altra parte, la prospettiva da cui guardare il mondo: l’uomo diventava un animale tra gli altri e non era più il centro dell’universo.

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