A partire dagli anni settanta prende piede il naturalismo francese: la definizione del movimento risale a Émile Zola, che fu influenzato dalle teorie di Hippolyte Taine. Secondo gli autori naturalisti la letteratura è una continuazione e un completamento della scienza. Gli scrittori hanno infatti il compito di studiare l’uomo come un essere «naturale» e di ricavare le leggi che ne determinano il comportamento.

Hippolyte Taine e la definizione del naturalismo

Alle origini del naturalismo ci sono le teorie del filosofo francese Hippolyte Taine (1828-1893), che in alcuni saggi pubblicati negli anni cinquanta proponeva un ritorno alla tradizione dell’Illuminismo, favorendo la diffusione in Francia del positivismo. Sosteneva che l’unico vero progresso doveva basarsi sull’analisi dei dati positivi e che anche la vita spirituale soggiacesse a meccanismi regolati da regole necessarie. Riteneva in particolare che l’uomo fosse il risultato di tre elementi che ne determinavano il comportamento: il fattore ereditario (la «razza»), l’ambiente sociale e l’epoca storica. Anche i sentimenti, le virtù e i vizi possono quindi essere analizzati, così come si studia un composto chimico.

Taine si interessò anche di letteratura: pubblicò un Saggio  sulle  favole  di  La  Fontaine (1853), un Saggio  su  Tito  Livio (1856), i Saggi  di  critica  e  storia (1856) e una Storia  della  letteratura  inglese (1863). Sviluppò un’originale riflessione estetica, secondo la quale le opere d’arte sono il risultato di fatti storici, ambientali e sociali. L’arte non nasce dal genio dell’artista, ma da determinate condizioni come il clima, la situazione politica e quella economica. Anche per la letteratura e le altre forme d’arte è quindi possibile risalire a delle leggi fondamentali da cui sono scaturite. Taine però andò oltre e mise a punto anche una scala oggettiva con cui valutare il valore di un’opera d’arte. Queste teorie influenzeranno gli scrittori del naturalismo francese.

I modelli del naturalismo

Nei già citati Saggi  di  critica  e  storia (1856), Taine indicava come modello per la letteratura il ciclo della Commedia umana di Balzac. Per gli scrittori naturalisti c’era però anche un altro modello: Gustave Flaubert e la sua teoria dell’impersonalità nella narrativa. Balzac veniva apprezzato per la sua capacità di analizzare con precisione scientifica la società francese dell’epoca. Flaubert, invece, aveva teorizzato che l’autore dovesse essere come Dio nella creazione, cioè restare invisibile. Altro importante precedente sono le opere dei fratelli Edmond e Jules De Goncourt, autori di Germinie Lacertux (1865). I due scrittori presentavano nei loro romanzi una minuziosa documentazione della realtà sociale dei ceti inferiori.

Naturalismo: caratteristiche

La sistemazione compiuta delle teorie del naturalismo si deve però a Émile Zola e al suo saggio Il romanzo sperimentale (1880). Il titolo fa riferimento alla concezione di fondo dello scrittore: anche alla letteratura si deve applicare il metodo sperimentale delle scienze biologiche e chimiche. Dopo gli esseri animati, è ora il momento che anche la vita spirituale sia studiata con metodo rigoroso. Il romanzo diventa così un’inchiesta sull’uomo, sul suo comportamento e sulla sua natura, allo scopo di ricostruire le leggi che determinano la sua vita. Ma non solo: l’opera d’arte è anche un mezzo per diffondere i risultati dei propri esperimenti. Come la scienza ha concesso il dominio sulla natura, così l’arte darà il controllo sui processi psicologici degli esseri umani. In questo senso, il romanziere è svolge un compito fondamentale per la società, indicando a politici ed economisti le storture che dovranno risolvere.

Per portare avanti questo compito i romanzieri naturalisti compongono interi cicli di romanzi, spaziando tra le diverse classi sociali. La psicologia dei personaggi viene analizzata nel dettaglio, allo scopo di fare emergere come la condizione economica e sociale determinino il comportamento degli esseri umani. I naturalisti inoltre tenevano in gran conto l’ereditarietà e concentravano l’attenzione sulle tare familiari (per esempio l’alcolismo che colpisce tutti i membri di una stessa famiglia).

I principali scrittori

Principale autore e teorico del naturalismo è, come ricordato, Zola, a cui si deve il ciclo dei Rougon-Maquart, composto da venti romanzi pubblicati tra il 1871 e il 1893. Lo scrittore segue i membri di una famiglia, i Rougon-Maquart, evidenziandone gli accidenti nervosi, le patologie e le tare che si ripresentano di generazione in generazione. Zola analizza tutti i ceti sociali, dai più elevati ai più bassi, dandone una descrizione il più possibile precisa e scientifica, che non nasconde gli aspetti più crudi della realtà.

Nel 1880 Zola, insieme ad altri, diede alle stampe il volume Les Soirées de Médan. Era una raccolta di racconti scritti da Zola e da alcuni giovani scrittori vicini al naturalismo, tra i quali spiccavano i nomi di Guy de Maupassant e Joris-Karl Huysmans. Allievo di Flaubert, Maupassant fu prolifico autore di racconti, nei quali era in grado, con uno stile asciutto, di incidere rapidamente i tratti caratteristici di una personalità. Huysmans invece, dopo l’esordio come autore naturalista, fu tra i caposcuola dell’esteticismo con À rebours.

Il naturalismo oltre la Francia

Il naturalismo estenderà la propria influenza anche al di fuori dei confini della Francia, rappresentando un punto di partenza per nuove esperienze. In Italia a risentire delle poetiche naturaliste sono le correnti della scapigliatura e del verismo. Più in generale una tendenza al realismo è riconoscibile in gran parte della letteratura italiana del secondo Ottocento. In Germania, invece, il naturalismo arrivò attorno al 1885, ma la sua formulazione più coerente si deve a Arno Holz, autore insieme a Johannes Schlaf della raccolta di novelle Papa Hamlet (1889). In altri paesi si ebbero casi isolati, come Palacio Valdés e Emilia Pardo Bazán in Spagna, Eça de Queiroz in Portogallo. Negli Stati Uniti, infine, il naturalismo accompagnò lo sviluppo della letteratura americana.

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