Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio 2023

L’Europa della metà del XIX secolo è segnata dal positivismo, la nuova corrente filosofica che, prendendo le distanze dal Romanticismo, promuove la fiducia nella ragione, nella scienza e nel progresso. Vedremo quali sono le conseguenze del positivismo sulla letteratura e la cultura europea dell’Ottocento.

Contesto storico e culturale

Il positivismo si diffuse e affermò in un’epoca di grande sviluppo economico e produttivo. La rivoluzione industriale iniziata nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento proseguì e toccò l’apice durante il XIX secolo. Tra i primi a elogiare la società industriale vi fu Henri de Saint-Simon (1760-1825), considerato il padre del socialismo francese. Decisivo fu però il lavoro di sistematizzazione compiuto da Auguste Compte (1798-1857), secondo il quale la società del futuro si sarebbe fondata sulle scienze. Negli stessi anni, in Inghilterra si sviluppavano le teorie utilitaristiche di Jeremy Bentham (1748-1832) e John Stuart Mill (1806-1873).

Positivismo: caratteristiche

Alla base del positivismo c’è l’idea che la scienza sia l’unica possibile fonte di conoscenza della realtà. Vengono valorizzate in particolare le scienze naturali e quelle esatte, considerate come gli unici strumenti capaci di dominare la natura. Da qui scaturisce una cieca fiducia nel progresso tecnologico e scientifico. Il metodo scientifico deve essere applicato a tutti campi del sapere (compresi la letteratura, la sociologia, al spiritualità) e il progresso si valuta a partire dai risultati materiali ottenuti.

Particolarmente influente sarà la teoria dell’evoluzionismo sostenuta da Charles Darwin (1809-1882) nel suo celebre saggio L’origine delle specie per selezione naturale (1859). L’opera segnerà un’intera epoca, rivoluzionando gli studi di biologia, ma non solo: l’evoluzionismo influenzò anche la nascente sociologia e diventò uno schema per interpretare la realtà. Come gli organismi viventi, si iniziò a ritenere che anche le realtà storiche si trasformino in base leggi che possono essere studiate e individuate. Massimo studioso dell’evoluzionismo sociale fu l’inglese Herbert Spencer.

Il positivismo, tuttavia, conobbe anche delle resistenze. Molti furono i filosofi che criticarono i valori borghesi e in generale si concentrarono su alcuni aspetti che non potevano essere controllati razionalmente. Max Weber, per esempio, sostenne che i fenomeni sociali non potevano essere spiegati attraverso l’evoluzione. Dall’hegelismo di sinistra nacque il materialismo storico di Karl Marx e Friedrich Engels, particolarmente critico verso il capitalismo. Bisogna poi ricordare filosofi come Friedrich Nietzsche ed Henri Bergson, nettamente distanti dal positivismo dell’epoca. Alla fine dell’Ottocento, infine, il padre della psicanalisi, Sigmund Freud, iniziava le sue ricerche che lo portarono a indagare l’irrazionale e l’inconscio.

Positivismo e letteratura

Le trasformazioni della società e della cultura dell’Ottocento ebbero ovvie conseguenze sulla letteratura europea. Il culto per la scienza e il progresso portarono a nuove figure mitiche, come lo scienziato, l’ingegnere, il medico, il capitano d’industria. La scolarizzazione portò inoltre a una rivalutazione del maestro, visto come il sacerdote laico, un apostolo della nuova cultura scientifica (si pensi a Cuore di Edmondo De Amicis).

Jules Verne nelle sue opere magnificò i risultati della scienza e immaginò quali limiti sarebbero superati dall’uomo grazie alla tecnica, ponendo le basi della letteratura fantascientifica. Ma il positivismo modificò anche la teoria della letteratura. Émile Zola iniziò a considerare lo scrittore alla stregua di uno scienziato, che analizza il comportamento dell’uomo per fornire possibili soluzioni alla politica.

In Italia le tesi positiviste furono accolte in modo diverso dai diversi autori. Gli scapigliati, ad esempio, si pongono da un lato come cantori della modernità, ma dall’altro sono portatori di istanze irrazionaliste. Giosue Carducci, nel suo Inno a Satana cantò la sua fiducia nella ragione e nel progresso, pur mantenendosi fedele ad alcuni ideali romantici. Nelle sue opere si scagli spesso contro la banalità e la mediocrità del presente, contrapposta alla bellezza della classicità. In Verga, invece, e nel verismo in generale, è presente l’idea, tipica del naturalismo, secondo cui lo scrittore deve studiare i meccanismi sociali dei diversi ceti. Tuttavia sopravvivono nelle sue opere tendenze antimoderne e conservatrici, che lo portano ad avere una visione pessimista della realtà.

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