Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

Nei primi decenni dopo l’unità d’Italia, nella poesia italiana si assiste a un ritorno al classicismo. Si trattò di una reazione alle poetiche del tardo romanticismo, che peccavano di scarsa originalità e si limitavano a ricercare un facile sentimentalismo. Da qui l’esigenza, sentita da molti autori, di tornare ai classici latini e greci per trarre da loro ispirazione. Il più importante, rappresentativo e influente poeta di questo periodo fu Giosue Carducci.

Vita

Giosue Carducci condusse gran parte della sua vita in aule universitarie. Nacque il 27 luglio 1835 a Valdicastello, in Versiglia, figlio di un medico di orientamento liberale che aveva partecipato ai moti carbonari del 1831. Durante l’infanzia e la giovinezza, a causa del lavoro del padre, si spostò in varie parti della Toscana: a Firenze frequentò le scuole degli scolopi, quindi nel 1853 fu ammesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove conseguì il diploma di magistero. Negli anni dell’università formò, con alcuni compagni il gruppo degli Amici pedanti, che si opponeva alla poesia tardo romantica e teorizzava un ritorno ai classici.

Negli anni Cinquanta fu docente di retorica al ginnasio di San Miniato al Tedesco e iniziò a curare edizioni di classici della letteratura italiana per l’editore Barbera. Sul piano familiare, ebbe gravi lutti: il suicidio del fratello Dante nel 1857 e la morte del padre nel 1858. L’anno successivo raggiunse maggiore serenità, in seguito al matrimonio con Elvira Menicucci, e nel 1860 divenne professore di eloquenza all’università di Bologna.

Negli anni seguenti Carducci espresse a più riprese le proprie convinzioni repubblicane, che nel 1868 gli costarono una breve sospensione dall’insegnamento. Gradualmente però, con l’ascesa della Sinistra storica, il poeta si avvicinò alla monarchia e nel 1878 si incontrò perfino con i sovrani. Infine, nel 1890 fu nominato senatore. Parallelamente all’impegno politico si dedico a un’intensa attività di insegnamento, di saggista e di poeta. Nel 1904 lasciò la cattedra e nel 1906 vinse il Premio Nobel per la letteratura. Si spense a Bologna il 16 febbraio 1907.

Opere

Le prime raccolte

Fin dalle prime opere è evidente l’atteggiamento antiromantico e classicista di Carducci. Esordì come poeta nel 1857 con il volumetto Rime, dedicato a Leopardi e Giordani. Di orientamento classicista era anche la rivista «Il Poliziano», da lui fondata nel 1859. Nel 1963 diede alle stampe il celebre Inno a Satana, esaltazione della «forza vindice della ragione» contro qualsiasi forma di oscurantismo. Infine, nel 1871 pubblicò una raccolta di tutte le sue Poesie, suddivise in Decennalia, Levia Gravia e Juvenilia. In tutte queste opere dà voce all’esigenza di eliminare le ultime rimanenze del Romanticismo nella poesia italiana. Tema ricorrente è la polemica per la decadenza dell’Italia contemporanea, contrapposta al suo passato glorioso, che viene celebrato attraverso il ricordo di eventi della storia medievale.

Rime nuove

Una prima svolta avvenne con la pubblicazione delle Rime nuove, che iniziò nel 1861. In questa raccolta Carducci raggiunse la maturità artistica. Messo da parte lo spirito polemico per la decadenza dei tempi moderni, il poeta ammorbidisce il suo sguardo verso il passato eroico dell’Italia, abbandonandosi al fascino del ricordo. In alcune poesie, Carducci delinea inoltre il suo modello di stato ideale, in cui autorità e cittadini hanno un rapporto diretto, e il popolo è unito da un senso di fraterna intesa.

Odi barbare

Se Rime nuove era caratterizzata da un andamento tranquillo e pacato, le cose cambiano con le Odi barbare, pubblicate a partire dal 1873. Carducci anzitutto si lancia in un tentativo di rinnovamento tecnico e stilistico, cercando di riproporre la metrica quantitativa classica nella metrica accentuativa italiana. Un’operazione che, per gli antichi greci e latini, sarebbe sembrata “barbara” (da qui il titolo della raccolta). Nel farlo, si ricollegò agli esperimenti già compiuto da autori del Cinquecento e del Seicento, che Carducci studiò con attenzione.

La poesia contemporanea era ormai superata non solo per quanto riguardava i temi affrontati, ma anche per le forme tradizionali della letteratura italiana, che si erano ormai livellate sull’appiattimento generale. Le Odi barbare hanno quindi il proposito di risvegliare dal torpore sia le lettere sia il pubblico. Da qui discende l’intensa attività di diffusione del classicismo portata avanti da Carducci, che influenzò la poesia e il gusto dell’epoca.

Rime e ritmi

L’aspirazione a una lirica barbara prosegue nell’ultima raccolta carducciana, Rime e ritmi del 1899. Qui però la poesia diventa sempre più fredda, mentre diventa preponderante l’aspetto celebrativo: abbondano infatti i versi celebrativi che esaltano le glorie dell’Italia e della sua monarchia.

Giosue Carducci critico e storico

Oltre che come poeta, Giosue Carducci svolse un intenso lavoro come storico e critico letterario. Ponendosi in un’ottica antistoricista, e quindi allontanandosi dalla lezione di De Sanctis, Carducci diede la priorità allo studio del testo poetico nei suoi aspetti tecnici e metrici. Questo atteggiamento è evidente soprattutto nelle sue curatele di classici della letteratura per l’editore Barbera (Le stanze di Poliziano, Le Rime di Petrarca).

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