Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

La seconda fase del pensiero di Nietzsche è nota come filosofia del mattino, a indicare la volontà di rinnovarsi provata dal filosofo durante la scrittura della Gaia scienza (1882).

Da Umano troppo umano alla filosofia del mattino di Nietzsche

La seconda metà degli anni settanta dell’Ottocento segna una cesura nella biografia di Nietzsche. Abbandonata la carriera accademica a causa delle condizioni di salute, iniziò una vita di spostamenti tra l’Italia, la Svizzera e la costiera francese. Negli stessi anni abbandonò i suoi riferimenti degli anni giovanili. Con Umano troppo umano (1878), rinnegò la metafisica schopenhaueriana e l’arte totale wagneriana, essendo giunto alla conclusione che la rinascita del tragico nella modernità era un progetto irrealizzabile. Pesava inoltre l’avvicinamento di Wagner al cristianesimo, vissuto da Nietzsche come un tradimento.

Il filosofo, d’altra parte, subì l’influenza di personalità come Franz Overbeck, Jacob Burckhardt e Paul Rée. Si avvicinò agli studi di morale e psicologia, lesse saggi scientifici e i moralisti francesi (Montaigne, Pascal ecc.). Anche la sua scrittura si orientò verso la forma dell’aforisma e del frammento. Nacquero così Aurora (1881) e La gaia scienza (1882).

L’arte e religione perdono il loro ruolo centrale che avevano avuto negli anni giovanili. Ora la via privilegiata di conoscenza del mondo è la scienza. Arte e religione sono invece illusioni che la scienza deve eliminare; l’artista ha una moralità debole perché agisce su emozioni mutevoli. La scienza invece ha una spiritualità più matura, laddove per scienza si intendono l’analisi critica e la diffidenza metodica. A differenza dei positivisti, Nietzsche è consapevole che non è possibile eliminare gli errori dalla vita dell’uomo: la scienza però offre un modo di guardare alle cose più libero e spregiudicato.

Lo spirito libero e il rinnovamento della morale

Il buon filosofo deve quindi essere critico (cioè sottopone ad analisi anche le verità più certe) e storico (concepisce l’uomo come risultato di circostanze storiche). Dall’illuminismo Nietzsche recupera il disincanto verso la realtà e si interessa all’antropologia: tutti i dubbi si concentrano sull’uomo e sulla morale. Si tratta però di una morale da cui è stata eliminata ogni traccia di metafisica. Mentre per la metafisica occidentale ogni valore proviene dall’alto, dalla divinità o da una realtà trascendente, per Nietzsche, come per i primi filosofi greci, ogni cosa nasce dal suo contrario. I grandi sentimenti dell’umanità nascono infatti da una radice umana e bassa. L’uomo agisce spinto dall’istinto di conservazione e da ciò che caratterizza la vita, cioè la lotta per la sopravvivenza.

Si affaccia così la figura dello spirito libero (Freigeist), protagonista di questa fase di rinnovamento. Audace, scettico per definizione, non indietreggia davanti a nulla, non ha soggezione per ciò che la massa venera, cerca la verità senza illusioni. Tra gli spiriti liberi Nietzsche annovera i sofisti dell’antichità, i grandi uomini dell’Umanesimo e del Rinascimento, i grandi costruttori della storia (come Napoleone). I loro avversari, accusati di ipocrisia, sono filosofi moralisti come Socrate e Rousseau, e i politici asserviti alle masse moderne, come Bismarck.

La gaia scienza e la filosofia del mattino di Nietzsche

Ecco allora affiorare l’immagine della filosofia del mattino, con cui Nietzsche indica questa fase di rinnovamento. Il filosofo parla di una umanità che verrà, che si è sottratta alle costrizioni della morale, della metafisica e della religione. Lo spirito libero è in grado di riconoscere se stesso come costruttore e di imporre i propri valori. La scienza dello spirito libero è “gaia” perché non ha nulla di serio o solenne, ma si abbandona all’ebrezza dionisiaca, tipica dell’uomo che diventa all’improvviso consapevole della propria libertà. Lo spirito libero, inoltre, non nega la storia. Al contrario, è in grado di essere felice portando con sé il peso del passato, riconoscendosi erede delle conquiste e delle sconfitte della storia. È la felicità di un dio.

La morte di Dio

Veniamo così a uno dei concetti più celebri della filosofia nietzscheana, la morte di Dio, annunciata dall’«uomo folle» nel celebre aforisma 125 della Gaia scienza:

Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! […] Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”.

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 125

Al di sopra degli uomini non vi è nulla, niente che possa salvarli. Dio muore perché il mondo è investito da una crisi morale e l’umanità non crede più ai propri valori. La morte di Dio è un simbolo del nichilismo che ha colpito la civiltà occidentale dopo che l’insieme dei valori cristiani che hanno animato l’Occidente si sono rivelati fondati sul nulla. Ma se Dio è morto, concetti come bene/male, giusto/ingiusto non hanno più senso.

Da qui Nietzsche parte per analizzare la decadenza dell’Europa: la metafisica e la morale non hanno più una necessità vitale nella società, e di conseguenza anche l’essere si avvicina al nulla. Ma si prospetta anche un nichilismo attivo, degli uomini superiori che non si limitano a osservare la decadenza degli antichi ideali, ma si fa promotore di una nuova civiltà e di una nuova storia. Questa figura, a partire da Così parlò Zarathustra (1883-1885), prende forma nel superuomo.

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