Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

Giovanni Pascoli è, insieme a D’Annunzio, una delle massime voci del decadentismo italiano. Rispetto al Vate, tuttavia, Pascoli è una personalità più introversa e la sua poesia è più legata agli aspetti intimi della famiglia e del quotidiano.

La vita

L’infanzia e la formazione di Giovanni Pascoli

L’infanzia di Pascoli, nato il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, fu segnata da diversi lutti familiari. Il più grave fu l’omicidio del padre Ruggiero, fattore nella tenuta La Torre di proprietà dei principi Torlonia, avvenuto il 16 agosto 1867. Le circostanze del delitto rimasero un mistero, così come l’identità dell’assassino. Nel 1868 morirono poi la madre e la sorella Margherita, quindi negli anni successivi il poeta perse anche i fratelli Luigi (1871) e Giacomo (1876).

Nonostante la difficile situazione economica e familiare, Pascoli poté completare gli studi, diplomandosi a Cesena nel 1872. Frequentò quindi la Facoltà di lettere di Bologna, dove ebbe tra i suoi maestri Giosue Carducci e dove si laureò nel 1882 con una tesi su Alceo.

Negli anni universitari Pascoli si avvicinò al socialismo, aderì all’Associazione internazionale dei lavoratori e partecipò a manifestazioni antigovernative. Nel 1877 dovette persino lasciare l’Italia, ma fu arrestato nel 1879. Assolto dalle accuse e liberato dopo pochi mesi, uscì di prigione amareggiato e con un profondo senso di ingiustizia. Abbandonò quindi la militanza politica e si dedicò solo alle lettere.

L’insegnamento universitario e l’attività poetica

Negli anni ottanta Pascoli iniziò a insegnare materie classiche in vari licei. A Massa riunì nella sua casa i membri rimanenti della sua famiglia, le sorelle Ida e Maria. In questi anni entrò in contatto con gli ambienti culturali d’avanguardia e conobbe vari poeti, tra cui D’Annunzio. Nel 1895 fu nominato docente di grammatica greca e latina all’università di Bologna; in seguito insegnò a Messina e Pisa.

Sempre nello stesso periodo, iniziarono ad apparire su varie riviste le prime poesie, che in seguito Pascoli riunì in diverse raccolte a seconda dei temi e delle soluzioni formali adottate. La prima di queste raccolte, intitolata Myricae, comparve nel 1891 (ma l’edizione definitiva è del 1903). Nel 1895 il matrimonio della sorella Ida fu vissuto come un tradimento da Pascoli, che trascorse un nuovo periodo di angosce. Con Maria si trasferì a Castelvecchio, in Lunigiana. La loro casa divenne allora il centro della memoria familiare e del culto dei morti.

Nel 1906 Pascoli succedette a Carducci nella cattedra di letteratura italiana a Bologna. Nell’ateneo tenne lezioni fino al 1911, quando l’aggravarsi della cirrosi epatica lo costrinse a ritirarsi. Morì a Bologna il 6 aprile 1912.

Le opere

Myricae

Le poesie di Myricae sono dedicate a temi dimessi, tratti dalla quotidianità della vita in campagna. Nell’opera è però possibile rintracciare anche una linea narrativa che riprende temi autobiografici legati al lutto e al culto dei morti. Vengono per esempio mostrati ritratti della campagna, ma il tutto descritto da un punto di vista soggettivo. Gli elementi della natura si caricano così di suggestioni e significati nascosti, simbolici, rivelandosi affascinanti e inquietanti allo stesso tempo. Su tutto aleggia l’idea della morte, e in particolare ritorna il tema del ritorno dei cari defunti.

Dal punto di vista tecnico-stilistico, Pascoli ricorre già alle soluzione tipiche della sua poesia. Le parole vengono usate con un valore analogico, i loro stessi suoni hanno un significato simbolico e non di rado il poeta ricorre a onomatopee. La sintassi è invece frantumata, suggerisce e suggestiona più che descrivere. Dal punto di vista metrico, invece, Pascoli sperimenta vari metri, alcuni dei quali poco usati nella tradizione italiana (come il novenario).

Canti di Castelvecchio

Ideale prosecuzione di Myricae, i Canti di Castelvecchio furono pubblicati nel 1904. Come nella precedente raccolta, ritornano le immagini tratte dal mondo della campagna. Le poesie sono poste in un ordine che segue il succedersi delle stagioni: il ritmo della natura è visto come un rifugio sicuro in cui ritirarsi. I temi della famiglia e dei lutti ritornano con una certa ricorrenza, e viene continuamente fatto riferimento al paesaggio di Castelvecchio. Non manca poi il riferimento alle inquietudini e ai turbamenti del poeta, che riguardano la sessualità e la morte.

Le altre opere

I Poemetti sono composti da due raccolte, i Primi poemetti (1904) e i Nuovi poemetti (1909). La loro composizione avvenne contemporaneamente alle poesie di Myricae. Sono però poesie più lunghe rispetto a quelle della precedente raccolta. Scritte in terzine dantesche, hanno un respiro narrativo e sono ordinate secondo cicli tematici.

I Poemi conviviali (1904), pubblicati sulla rivista «Il Convito», hanno invece un carattere più estetizzante. Sono dedicati a temi ripresi dalla mitologia classica, ricostruita con un’attenzione meticolosa, da specialista. Tuttavia, il mondo classico descritto da Pascoli non è immobile e armonioso come nella tradizione letteraria italiana. Al contrario, è percorso da angosce e inquietudine, tipiche della modernità.

Giovanni Pascoli poeta della patria

Negli ultimi anni, come Carducci e D’Annunzio, anche Pascoli compose poesie di stampo patriottico. Nella raccolta Odi e inni (1906) la prospettiva cambia: dall’iniziale umanitarismo socialista il poeta assume toni nazionalistici. Questi ultimi sono ben evidenti nel discorso La grande proletaria si è mossa del 1911, scritto in favore dell’invasione italiana della Libia. La poesia pascoliana, in quest’ultima fase, è maggiormente eloquente e riprende temi di carattere storico-pedagogico e leggendario.

Giovanni Pascoli e la poesia in latino

Chiudiamo parlando di un aspetto tutt’altro che secondario della poesia di Pascoli: la sua produzione in latino. Pascoli fu infatti, fin dalla giovinezza, un raffinato cultore degli studi classici, e le sue composizioni in latino sono contemporanee a quelle in italiano. Si tratta di «poemetti», un genere in realtà sconosciuto agli antichi, testi non particolarmente lunghi scritti in esametri. In essi il poeta racconta una storia o fissa una situazione, mettendone in luce una morale (spesso di impronta cristiana). Tra i contemporanei, la poesia latina di Pascoli conobbe particolare apprezzamento: vinse per dodici volte la medaglia d’oro al concorso di poesia latina di Amsterdam.

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