Ultimo aggiornamento: 19 Agosto 2022

Nella vita di Alessandro Manzoni la conversione al cattolicesimo rappresenta uno spartiacque. La riscoperta della fede cristiana lo porta infatti a una nuova concezione della storia e della letteratura.

Alessandro Manzoni: le opere prima della conversione

Le prime prove poetiche di Manzoni risalgono all’adolescenza. Appena uscito dal collegio dei padri somaschi, il giovane poeta scrisse composizioni che risentivano del gusto neoclassico dell’epoca, scritte con linguaggio aulico con richiami alla mitologia. Al modello di Vincenzo Monti si rifa, per esempio, il Trionfo della libertà, una visione allegorica in terzine che esalta gli ideali della rivoluzione francese. A Monti è indirizzato l’idillio Adda, con il quale il poeta viene invitato a soggiornare alla villa del Caleotto, presso Lecco. L’invito è un’occasione per cantare del fiume Adda. Nello stesso periodo, Manzoni compose anche quattro Sermoni, nei quali polemizza contro i costumi contemporanei prendendo a modello questa volta Parini.

La composizione più importante della fase giovanile è però il carme In morte di Carlo Imbonati (1805). La poesia è dedicata alla madre Giulia Beccaria in seguito alla scomparsa del compagno, Carlo Imbonati, avvenuta a Parigi il 15 marzo 1805. L’opera mostra una maggiore maturità rispetto alle precedenti, ed è possibile riconoscervi l’influenza di Foscolo e Alfieri.

Manzoni immagina infatti che Imbonati gli appaia in sogno e gli dia dei consigli riguardanti la vita e la poesia. Nel carme viene elogiata la figura del giusto che si ritira in un’aristocratica solitudine, fuggendo dal caos della contemporaneità e coltivando la virtù. Si fa inoltre strada l’idea che la poesia debba fondarsi su un solido rigore morale.

Chiudono questa fase due composizioni ancora di sapore neoclassico: il poemetto Urania (1809), in cui si narra dell’educazione che gli uomini primitivi ricevettero dalla muse, e i versi sciolti A Parteneide (1810), con cui declina l’invito ricevuto dal poeta danese Jens Baggesen di tradurre in italiano il poema Parthenäis (1807). Ma ormai Manzoni sentiva come superati gli ideali neoclassici e nei successivi tre anni non compose niente.

Alessandro Manzoni dopo la conversione

Non è ben chiaro come abbia maturato Alessandro Manzoni la conversione al cattolicesimo, perché sull’argomento mantenne sempre il riserbo. Tuttavia, è molto probabile che sia stato influenzato dalla moglie Enrichetta Blondel, che si convertì dal calvinismo al cattolicesimo. A ogni modo, per Manzoni l’evento segnò un nuovo orizzonte non solo religioso e personale, ma anche letterario.

Dopo una lunga e sofferta crisi, Manzoni approda a una fiducia assoluta nella religione. Il risultato si può leggere nelle sue Osservazioni sulla morale cattolica (1819). Si tratta di un testo scritto in risposta a Simonde de Sismondi, un letterato givevrino autore di una storia delle Repubbliche italiane nel Medioevo, in cui il cattolicesimo era additato come causa della corruzione dilagante in Italia. Per Manzoni invece quindi la religione è fonte del bene, del bello e del vero, e un punto di riferimento per l’agire politico e sociale.

Dal peccato scaturisce tutto ciò che è male: l’uomo è debole, è incline al peccato e il male è radicato in lui. Si tratta, quindi, di una visione tragica della realtà, che esclude la serenità tipica della poesia neoclassica. Manzoni approda così a una nuova poesia, che risponda ai bisogni profondi, che tocchi le coscienze e si rivolga al «vero storico». Una letteratura che, secondo una celebre formula, abbia «l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo».

Ma con la conversione Manzoni approda anche a una nuova concezione della storia. Fino ad allora aveva accettato l’interpretazione tradizionale che vedeva negli antichi Romani dei predecessori della modernità e dei modelli a cui conformarsi. Per il Manzoni cattolico l’antichità è però una civiltà ben poco virtuosa, poiché la storia romana è lunga serie di soprusi e violenze. Di contro, matura uno nuovo interesse per il Medioevo, visto come fonte da cui è scaturita la cultura moderna. Rigettare la civiltà classica significa però anche rifiutare i modelli della poesia eroica: la nuova poesia non canta più le imprese, ma si rivolge agli umili e a coloro che sono dimenticati dalla storia ufficiale.

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