Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio 2023

Tra Ottocento e Novecento si assiste all’affermazione del romanzo psicologico, che modifica i canoni del romanzo ottocentesco. Il romanzo diventa terreno di ricerca letteraria, rifiutando le soluzioni già collaudate e mirando a un’opera d’arte totale. A contribuire al successo del genere nel nuovo secolo sono la crescente alfabetizzazione della popolazione europea e il benessere economico sempre più diffuso. Nei primi decenni del Novecento si hanno così dei veri e propri capisaldi del genere, come la Recherche di Proust, l’Ulisse di Joyce e L’uomo senza qualità di Musil.

Le origini

Il romanzo psicologico affonda le sue radici nella crisi del positivismo e delle certezze che avevano caratterizzato il XIX secolo. Con esse tramontò l’idea che la narrazione dovesse ricercare l’oggettività, e anche la figura dell’intellettuale cambiò. L’artista e lo scrittore non avevano più un ruolo riconosciuto nella società ed erano perennemente alla ricerca di un’identità. Negli scrittori si fece strada una nuova sensibilità che prestava maggiormente attenzione all’interiorità dell’uomo.

Capofila fu il critico Paul Bourget, che in polemica con il naturalismo di Zola inaugurò la nuova corrente del romanzo psicologico, a partire dai suoi Essais (1883) e dai Nouveaux essais de psychologie contemporaine (1886), in cui raccoglieva ritratti psicologici dei maggiori intellettuali francesi dell’epoca, contribuendo a riabilitare il nascente decadentismo. Bourget iniziò a scrivere romanzi negli anni Ottanta dell’Ottocento (Enigma crudele, 1885, e Un crimine d’amore, 1886). Il suo romanzo più famoso è però Il discepolo (1889), un romanzo di formazione a tinte fosche che destò scandalo.

Le opere di Bourget ebbe un discreto successo nell’Europa dell’epoca e, insieme a quelle di Dostoevskij, favorirono la diffusione del romanzo psicologico. Questo è ben visibile in alcuni capolavori del decadentismo europeo. Un esempio è Il piacere (1889) di D’Annunzio, in cui l’autore presta particolare attenzione all’interiorità del protagonista, più che agli eventi narrati.

Il Primo Novecento

La piena affermazione del romanzo psicologico avviene però nei primi anni del Novecento. Il romanzo diventa il terreno privilegiato della ricerca letteraria, acquisendo prestigio anche presso la critica. Il romanzo viene destrutturato, facendo saltare l’ordine logico e cronologico dei fatti, per seguire l’interiorità e la soggettività del narratore o dei personaggi. Nascono forme nuove di narrazione, strutture aperte

Nascono in questo periodo alcuni dei più importanti capolavori della letteratura europea. In Inghilterra Woolf e Joyce ricrearono in letteratura il vorticoso scorrere dei pensieri ricorrendo a tecniche come il flusso di coscienza e il monologo interiore. Proust invece, nel monumentale Alla ricerca del tempo perduto, esplorò il territorio della memoria e le intermittenze del cuore, mentre lo scrittore ceco Kafka, con i suoi racconti fantastici e angoscianti, diede voce all’inconscio. In Germania si segnalano il romanzo-saggio L’uomo senza qualità (1930-1942) di Musil e le opere di Thomas Mann. Per quanto riguarda infine la letteratura italiana, i più importanti rappresentanti di questa ricerca furono Italo Svevo, con La coscienza di Zeno (1923), e Luigi Pirandello.

Dal romanzo psicologico al nuovo realismo

Gli autori che abbiamo citato, pur appartenendo a tradizioni letterarie differenti, si mossero tutti verso le stesse direzioni e influenzarono lo sviluppo della letteratura europea successiva. A partire dal primo dopoguerra, tuttavia, divenne sempre più forte l’influenza dei narratori americani. Il loro influsso avrebbe portato all’affermazione di nuovo realismo negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale.

Porto di Catania Precedente Verismo: caratteristiche, temi e poetica
Successivo Il romanzo del Novecento, dal dopoguerra a oggi